Come ascoltare il bambino interiore

Dovremmo imparare a trattare le nostre emozioni allo stesso modo come faremmo con un bambino.

Ogni volta che ci sentiamo a disagio in realtà stiamo avendo a che fare con una emozione che non riusciamo a gestire in modo “utile”, in ogni situazione che ci procura sofferenza o comunque disagio, stiamo avendo a che fare con una nostra “incapacità inconscia” di gestire una nostra emozione.

Ma le difficoltà emotive, dove nascono?
Quando sono nate?
Da quanto tempo ce le stiamo portando dietro più o meno sempre uguali a se stesse?
Da quanto tempo stiamo ripetendo degli schemi comportamentali adattati in base a quella difficoltà emotiva?
Quante nostre abitudini comportamentali sono state determinate dalle nostre difficoltà emotive?
Quante volte ci siamo comportati in un certo modo, spesso consapevolmente sbagliato, per non affrontare una difficoltà interiore o un qualcosa che non ci andava di fare in un certo modo?
Quante volte abbiamo cambiato anche lavoro (o modo di lavorare) per non affrontare una situazione emotiva che non ci piace affrontare perchè… sotto sotto… non la sappiamo affrontare con la giusta lucidità?
Perchè sono nate le nostre difficoltà emotive?
Cosa sono sostanzialmente le nostre difficoltà emotive?

Le nostre sofferenze emotive interiori, che determinano anche le nostre abitudini comportamentali ed il nostro modo di stare al mondo, di relazionarci con il mondo in tutte le sue forme, sociali, materiali, lavorative ecc… sono quelle cose che, ad un certo punto della nostra vita ci fanno dire…

“io sono fatto così”…
“questo è il mio carattere”… ed altre simili amenità.

Ma è una affermazione di comodo, una “comodità” che ci mette al riparo dal lavoro che dovremmo fare per soddisfare quella necessità dell’anima di affrontare quel nostro problema interiore e capirne il senso o almeno l’origine in noi…
e quando si dice, “in noi”, ci si riferisce al nostro inconscio
e… quando si dice “nel nostro inconscio”, ci si riferisce alle nostre memorie infantili.

Tutto quello che nella nostra infanzia non abbiamo capito per intero, tutte le cose che da bambini avremmo voluto comprendere ma non abbiamo compreso, tutte le “fallanze informative” della nostra infanzia, tutte le informazioni incomplete, tutte le esperienze non completate, tutte le volte che ci hanno detto “da grande capirài”, hanno determinato in noi un bisogno di completezza, il bisogno di capire.

In futuro, questo bisogno di completezza si manifesterà sotto forma di sofferenza interiore.

Ogni nostra esperienza, ogni cosa che andiamo ad imparare oggi, la impariamo (come si dice) se abbiamo delle basi.

 

Si dice che, se non hai un minimo di “infarinatura” sull’argomento ti sarà difficile capire di cosa si sta parlando.

Per esempio…
Se non hai mai capito cos’è l’elettricità, andando ad un convegno dove si parla di impianti elettrici industriali e sicurezza sul lavoro, capirai molto poco, forse nulla.

 

Il fatto di avere bisogno di una “base di esperienza” ce lo portiamo dietro in ogni cosa, anche nelle esperienze più umane, nel modo di relazionarci con la gente e con l’ambiente.

Quindi… se abbiamo bisogno di collegare una nuova esperienza con una esperienza precedente… che a sua volta è stata memorizzata e “compresa” in base ad altre esperienze antecedenti… che a loro volta sono state comprese in base ad altre ulteriori esperienze precedenti… com’è logico che sia… ritornando all’indietro fino alla fonte… dove si va a finire?

Ovviamente ai primi ricordi della nostra infanzia.

 

I primi ricordi della nostra infanzia, sono la base di quel che siamo oggi.

Ogni ricordo della nostra infanzia che non è stato completato, si ripete di volta in volta con la stessa “fallanza informativa” dell’origine, cioè con la stessa sofferenza emotiva di quella prima volta che nella nostra infanzia non abbiamo capito per intero qualcosa.

Da bambini, quel che abbiamo vissuto, l’abbiamo sentito, percepito, “compreso” o “non compreso” a livello soprattutto emotivo, nell’infanzia, più che un ragionamento c’era un susseguirsi di emozioni, non è che non si ragiona proprio, ma la parte predominante è quella emotiva.

Lo stato emotivo e soprattutto percettivo con il quale abbiamo vissuto la nostra infanzia in certi momenti particolari in cui è successo che, non abbiamo compreso qualcosa, è stato memorizzato così com’era in quel momento.

Le nostre memorie d’infanzia non sono cose del tutto ragionate, sono soprattutto cose emotive e come tali, adesso riemergono ogni volta che ci troviamo ad avere a che fare con qualcosa che, per essere vissuto a pieno oggi ha bisogno di agganciarsi alle nostre esperienze precedenti che… rifacendo la scaletta a ritroso, finirà inevitabilmente in qualche ricordo d’infanzia e… se in quel ricordo c’è una qualche difficoltà di comprensione, inevitabilmente quella difficoltà riemergerà allo stesso modo in cui l’abbiamo vissuta nel nostro momento d’infanzia in cui quella sofferenza è iniziata.

Per esempio…
Se ci facciamo caso, le persone che hanno paura dei cani, si comportano davanti ai cani in un modo infantile, se osservi bene il loro modo di fare, è assolutamente infantile e si può risalire al periodo d’infanzia in cui la persona ha avuto paura per la prima volta dei cani proprio osservando il loro comportamento.

È esattamente quel ricordo che riemerge ed emerge esattamente come è stato memorizzato, nella modalità emotiva e percettiva in cui ci trovavamo in quel momento della nostra infanzia.

È bene aprire una piccola parentesi importantissima. Si è soliti pensare che i nostri blocchi emotivi siano nati tutti da nostri traumi infantili, pensare che solo le esperienze traumatiche abbiano determinato i nostri blocchi emotivi è assolutamente riduttivo e chi ha fatto un lavoro profondo in se stesso può darne prova molto facilmente.
Non solo le esperienze traumatiche ma anche come abbiamo visto le semplici incomprensioni hanno determinato i nostri blocchi emotivi… dove per blocchi emotivi intendiamo il modo di comportarci bloccato in una modalità unica senza la flessibilità che la vita quotidiana richiederebbe di volta in volta… cioè, quando diciamo “io sono fatto così e così dovete accettarmi”.

Quindi, nelle nostre manifestazioni emotive di difficoltà, cosa riemerge?

Dicevo all’inizio… Dovremmo imparare a trattare le nostre emozioni allo stesso modo come faremmo con un bambino.

Questo perchè, se ci approcciamo alla nostra sofferenza interiore così come faremmo con un bambino che in quel momento ci sta mostrando una sua sofferenza, in realtà noi, in quel momento, ci stiamo approcciando alla nostra memoria d’infanzia e così facendo ci stiamo dando la possibilità di rivedere noi stessi in quel momento della nostra infanzia, quel momento in cui è nata quella sofferenza, quella nostra sofferenza che ci portiamo dietro da così tanto tempo e che ha determinato gran parte della nostra vita, anche del nostro stato di salute attuale.

Facendo questo approccio in questo modo, noi ci stiamo dando la possibilità di “fondere” il ricordo d’infanzia con la consapevolezza attuale senza interferire con la mente e questo passaggio è di estrema importanza.

Quando abbiamo a che fare con un bambino che vive una sofferenza emotiva, se ci approcciamo in modo mentale sarà molto difficile che ci comprenda ma, se ci approcciamo a lui con un cuore aperto e compassionevole, daremo al bambino una “spalla psicologica” sulla quale appoggiarsi, dalla quale sentirsi al sicuro.

Dovremmo imparare a trattare le nostre emozioni allo stesso modo come faremmo con un bambino… perchè così facendo ci daremo la possibilità di rivedere e rivivere quella scena e comprendere oggi quel che non comprendemmo in quel momento dell’infanzia che con questa sofferenza è stato rievocato.

Alla fine, il nostro inconscio e la nostra anima ci chiedono solo di essere compresi, ma dobbiamo imparare a farlo al loro livello, cioè al livello del cuore, del sentire interiore, non della mente.

La nostra mente può aiutarci ed è indispensabile all’evoluzione, ma solo come osservatrice di quel che accade, per darci la consapevolezza di quel che sta accadendo ora… Qui& Ora.

la mente è uno strumento meraviglioso se usato per quel che serve realmente e nel giusto modo.

Molto probabilmente, ad un livello di coscienza superiore, la mente servirà a qualcosa che ora, all’attuale livello di coscienza nemmeno possiamo immaginare.

 

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