chi è il mio inconscio.

Inconscio e anima.

Chi è il mio inconscio?

Il mio inconscio é un insieme di frammenti di ricordi emotivi della mia infanzia che il bambino che ero allora non è riuscito a contestualizzare, a comprendere, o a completare. Sono ricordi incompleti che non fanno funzionare alcuni aspetti della vita dell’adulto che sono oggi.

Io quotidianamente penso e ragiono, ma, tutto questo lavoro “cerebrale” lo baso sulle informazioni acquisite durante la vita.

Il mio ragionamento logico é dato dal “sapere scolastico o comunque dell’Indottrinamento” ma il modo di contestualizzare questo sapere, il modo di portarlo nel mondo è dato dall’aspetto emotivo, che a sua volta é determinato dai ricordi della mia infanzia, cioè, il modo di stare al mondo é dato dai ricordi emotivi della mia infanzia.

Anche se riuscissi a diventare il miglior ingegnere o dottore del mondo con il “sapere scolastico e quindi mentale”, non potrei mai solo per questo considerarmi un uomo maturo. Un uomo maturo é un’altra cosa.

La vera maturità di un essere umano é soprattutto una maturità emotiva.

Fino a quando parlerò del mio carattere e delle mie caratteristiche… non potrò considerarmi emotivamente maturo.

La mia personalità é data dal mio inconscio e dalla sua particolare combinazione di blocchi emotivi. (vedi articolo “il carattere” http://osservazionequantica.altervista.org/il-carattere/ )

Ogni volta che mi scontro con un sapere logico che non ho acquisto con sufficiente completezza, ogni volta che non so cosa fare (perché non ho studiato qualcosa di utile alla risoluzione e quindi mi mancano delle informazioni) mi sento in difficoltà, questo innesca una sofferenza e genera anche qualche problema costringendomi a rivolgermi a “chi ne sa di più” (dottori, meccanici, tecnici ecc..).

In campo emotivo ho capito che é la stessa cosa, solo che non riuscivo a contestualizzare la sofferenza al suo proprio livello, cioè, non riuscivo a comprendere che la sofferenza era al livello emotivo, non mi accorgevo che queste sofferenze si innescavano quando mi trovavo a dover gestire una emozione o un frammento di ricordo del quale nell’infanzia non ho completato l’esperienza, questo accadeva perchè non sono stato indottrinato “all’ascolto” delle emozioni, per questo motivo la sofferenza rimaneva latente, rimaneva “dentro” e spesso (quasi sempre prima di questo percorso di autoconoscenza) non me ne rendevo nemmeno conto.

Non rendendomi conto del fatto che la sofferenza era interiore, cioè, stava proprio dentro di me, cominciavo spontaneamente a “cercare un colpevole”, ovviamente, lo trovavo in quell’area di “lavoro e ricerca” che ero abituato (per indottrinamento) ad osservare, cioè nel “razionale”, nella logica che sono abituato a comprendere e considerare come realtà quotidiana.

A questo punto, “razionalmente” e spontaneamente cominciavo a focalizzarmi su tutto quello che mi capitava davanti ma senza rendermi conto che, in qualche modo, questa focalizzazione portava a ricercare qualcosa che risuonasse emotivamente con la mia sofferenza interiore.

Non riuscivo a rendermi conto che, colui che realmente “spingeva” questa “ricerca”, era l’inconscio, cioè quella parte di me che stava soffrendo per qualcosa e che non aveva compreso quarant’anni fa.

Non riuscivo a capire che, con la sua silenziosa “spinta emotiva” attraverso la focalizzazione mentale, mi chiedeva di comprendere oggi, qualcosa che non avevo capito, non riuscivo a capire che questa richiesta era sul piano emotivo.

Non ci capivamo perché di questo ricordo abbiamo (io e il mio inconscio) un ricordo incompleto.

Quando si innesca questa “inconsapevole” ricerca (attraverso le manifestazioni materiali) di quelle che sono le mie sofferenze interiori, la vita razionale (e materiale) viene condizionata e questa (ancora) inconsapevole “ricerca interiore” mi porta a vivere sempre più frequentemente in quelle situazioni che risuonano con la mia personale (e inconsapevole) sofferenza emotiva interiore.

In sostanza me le vado proprio a cercare le situazioni in cui posso manifestare dentro di me quella sofferenza emotiva che l’inconscio mi sta chiedendo di comprendere… e se non le trovo… le so anche creare delle situazioni ad hoc… ma sempre tutto spontaneamente, non ragionandoci… non è razionale.

Ho capito adesso che, questo genere di sofferenze dopo un po’ di tempo diventano pressanti fino ad influenzare il comportamento.

Le emozioni non comprese, dopo un certo periodo di tempo (variabile da persona a persona) diventano degli autentici schemi comportamentali… diventando parte di quella cosa che poi ho preso in considerazione come il mio… “carattere”.

I frammenti di ricordi infantili non completati sono in pratica delle memorie emotive incomplete, che devo completare.

L’inconscio, con tutta la sua lunga serie di ricordi incompleti si trasforma in pratica proprio in una intelligenza a se stante che regola la vita in modo “apparentemente” sottile, profondo e “nascosto”.

In realtà però, di nascosto dentro di me non c’è proprio nulla.

Ogni cosa della vita ha sempre i suoi due aspetti, quello logico (razionale/materiale) e quello emotivo, spesso assolutamente irrazionale.

Ho notato anche che, QUANTO PIÙ É IRRAZIONALE, tanto più il messaggio emotivo é importante ed URGENTE.

Quanto più ci ritroviamo in schemi comportamentali irrazionali, tanto più è urgente comprendere il perchè di questa incoerenza e comprendere l’emozione o la ferita emotiva (o comunque ricordo infantile) da completare e/o guarire.

Quando uno dei due aspetti é incompleto e soprattutto se si tratta dell’aspetto emotivo, si innesca una sofferenza emotiva inconscia.

Quindi, quel che genera sofferenza nella vita é la difficoltà di gestire tutto in modo armonico e completo proprio per insufficienza di informazioni.

Il lavoro che ho dovuto fare per spegnere queste necessità emotive inconsce, é stato proprio un lavoro di comprensione delle mie necessità emotive inconsce, la necessità di riuscire a completare quelle memorie emotive della mia infanzia.

Qui nacque poi un’altro equivoco.

Qui compresi che, il completamento della esperienza emotiva dell’infanzia, dovevo farlo proprio a livello emotivo!

Cioè, non era una cosa da prendere in considerazione e da risolvere con la razionalità…

Dovevo farlo proprio con il lato emotivo del ricordo! Quel che mancava non era la conoscenza e, a quel punto, non era più nemmeno la consapevolezza, a quel punto della mia ricerca avevo capito tutto ma questo “tutto” ancora non funzionava e non avrebbe mai funzionato fino a quando non l’ho riportato ad un livello emotivo!

Ho capito che, l’esperienza della vita ha almeno due livelli di base, il livello razionale e quello emotivo.

Ambedue i livelli hanno bisogno di avere tutti i dati necessari alla comprensione totale e per tutti e due i livelli, il completamento esperienziale va fatto al suo proprio livello e quindi…

…e quindi il completamento del ricordo emotivo va fatto NEL piano delle emozioni!

Questo lavoro va quindi contestualizzato nel momento in cui è avvenuto il blocco emotivo, cioè nell’infanzia, in quella parte della vita in cui ogni cosa viene vissuta più emotivamente che logicamente, quindi, questo ricordo va scovato tramite una regressione nel passato proprio fino a ricordare quel momento dell’infanzia in cui è avvenuto il blocco emotivo e laggiù, con la mente e le emozioni dentro quel ricordo, va fatta la ricontestualizzazione.

Per fare la regressione nel passato, ho utilizzato molti sistemi, tutti potenzialmente validi, ma anche in questo lavoro mi sono accorto che siamo stati deviati perché abbiamo dimenticato che siamo tutti dotati di

“sistemi” di regressione spontanea

(che si manifestano anche molto spesso ma che non sappiamo riconoscere come tali e quindi non sappiamo “utilizzarli” nel giusto modo).

Durante la crescita, nella foga dei genitori (per primi) e poi del sistema sociale, di vedermi bravo, disciplinato, inquadrato e “sistemato”, ho capito che sono stato spinto prematuramente a fare un grande uso della razionalità, in un momento in cui non ero pronto e per di più, precludendomi la possibilità di vedere la completezza dell’aspetto emotivo delle cose, questo modo di fare, ovviamente è diventato un modo di vivere e me lo sono portato dappertutto… soprattutto, ovviamente, nella vita quotidiana.

Vivendo prevalente nella razionalità, mi sono “dimenticato” del mio lato emotivo. (per non parlare poi di quando addirittura mi é stato proibito di sentire le emozioni… Soprattutto per noi uomini, con la pretesa di fare di me un Uomo maturo… in certi ambienti, la capacità di accorgersi delle proprie emozioni, é proprio visto in modo ridicolo).

Questo indottrinamento mi ha precluso alcune capacità importanti come appunto, la capacità di osservare il mondo anche dal punto di vista emotivo e ovviamente quello di cui stavo parlando, cioè la capacità di riuscire a vedere, attraverso la traccia di sofferenza che ogni singola emozione ha lasciato nel corso della vita, qualcosa che mi può guidare al momento in cui è avvenuto quel mio blocco emotivo…

una specie di filo di Arianna che collega tutti i ricordi di ogni singola emozione dalla data di oggi, a ritroso, fino al momento in cui per la prima volta ho vissuto questa precisa sofferenza emotiva, nella mia infanzia.

Adesso posso dire di aver visto casi in cui si è risaliti ad eventi dell’età di un anno ed io stesso sono risalito (ma forse sarebbe meglio dire “ridisceso”) fino al mio primo anno di vita.

Credo che un buon modo per scoprire la propria capacità di fare le regressioni spontanee nella propria infanzia possa essere quello di fare un diario dei fatti e delle emozioni, dando ovviamente una certa rilevanza all’aspetto emotivo di ogni cosa che abbiamo vissuto e prendendone nota quotidianamente.

Dopo un certo periodo di tempo (variabile da persona a persona), diciamo comunque, almeno di un paio di mesi, potremo tentare una prima regressione spontanea.

Alla prima occasione di una emozione che ci fa soffrire, potremo sfogliare il nostro diario emotivo e andare a cercare tutti gli altri eventi recenti che sono stati pervasi o prodotti dalla stessa emozione.

É importante ovviamente che questa regressione venga fatta anche rivivendo la stessa emozione nel ricordo di ogni singolo episodio così da creare un

“filo conduttore emotivo”

tra tutti gli ultimi eventi caratterizzati dalla stessa emozione.

Il risultato dipenderà molto da COME si farà il lavoro ma, se ben fatto, é molto alta la probabilità che si inneschi la regressione spontanea totale che scenderà molto più in profondità di quegli appunti che abbiamo scritto negli ultimi due o tre mesi, fino a portarci all’evento primo, al momento in cui è avvenuto il nostro blocco emotivo… Cioè, rivivremo il momento in cui è iniziata questa sofferenza emotiva.

In quel momento, nel momento in cui ci troviamo nella scena, dobbiamo unire la maturità dell’adulto di oggi con la sensibilità emotiva del bambino di allora e dobbiamo completare l’esperienza di quel momento.

Però, tutto questo lavoro, dobbiamo farlo totalmente immersi nella emozione di quel momento perché, come ho già detto,

non abbiamo più bisogno di consapevolezza mentale

a questo punto, ma di

“completezza emotiva”.

Fino a quando non avremo completato l’esperienza emotiva, quella “incompletezza emotiva” continuerà a spingerci in comportamenti o situazioni in cui genererà sempre la stessa sofferenza emotiva… Con anche una sempre più alta probabilità di sfociare perfino in malattia.

2 thoughts on “chi è il mio inconscio.

  1. Bellissimo il tuo articolo.. ma come si fa? a diventare consapevoli emotivamente?
    come si fa a capre che è quel episodio? e in quale modo puoi concludere l’esperienza nell’ora in maniera consapevole?

    se siamo abituati ai nostri soliti schemi…come facciamo a capire qual è l’emozione da liberare?

    grazie.
    Loredana

    • la chiave di tutto è il filo conduttore di tutto il lavoro che ho fatto su di me e di cui parlo spesso in questo sito.

      sostanzialmente si deve riuscire a portare l’auto-osservazione che di solito facciamo in pochi minuti al giorno di meditazione, nella vita quotidiana.

      se scorri giù nel sito trovi diversi articoli che ne parlano.

      Auto-Osservazione… che poi è quel che è sempre stato definito “QUI e ORA”.

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