AutoOsservazioni di un contadino dalla meditazione alla vita quotidiana

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AutoOsservazioni di un “Contadino”

Dalla meditazione alla vita quotidiana

Di Giuseppe Lembo, autore del blog: osservazionequantica.altervista.org

Premessa.

Per uscire dalla “ruota della sofferenza“ bisogna “lasciarsi andare“ e interrompere le attività della mente, fare silenzio “nella testa”.

Purtroppo la mente non sta zitta mai, soprattutto se le si “chiede“ esplicitamente di farlo. Si comporta proprio come un “bambino”…

Lei, la mente, ha bisogno di sapere sempre quello che sta succedendo, ha bisogno di “capire“ il perché delle cose.

Nella sospensione delle attività mentali si creano delle condizioni energetiche particolari, di cui parleremo più avanti. Quando la mente continua a elaborare, queste condizioni particolari “saltano“ e non avviene la “comprensione-guarigione“ al livello dove “deve accadere”.

Per questo motivo è importante imparare e praticare regolarmente qualche tecnica di meditazione che sia mirata alla sospensione dell’attività mentale o almeno alla sua riduzione consapevole.

In questo testo si “spiega“, in modo molto sintetico, come abbiamo fatto a metterci in questa condizione, che solitamente viene definita… “normale condizione umana“.

Il mio intento è soddisfare la curiosità della mente per renderla consapevole del perché è necessario il suo “silenzio“, dopodiché le risposte arriveranno “da sole”, ci si sentirà letteralmente guidati nelle scelte, nelle cose da leggere, nei “maestri” da seguire, nelle tecniche da imparare e si sentirà proprio la presenza di una guida interiore che farà tutto il possibile per farsi capire sempre di più.

Quando una curiosità è soddisfatta, normalmente si smette di fare domande; questo, come già detto, permetterà di “scendere“ con l’attenzione a “quel livello di profondità“ dove tutto comincia e da dove tutto prende energia, volontà e forza creatrice. Una forza che crea letteralmente, sia in modo diretto sia indiretto, anche il mondo materiale nel quale tutti siamo immersi.

Spero che alla fine di questo testo la mente riesca a essere sufficientemente soddisfatta, abbastanza da poter permettere al lettore di affidarsi a una certa AutoOsservazione di cui si parlerà alla fine del testo.

Il testo potrebbe a tratti sembrare incompleto; è una cosa voluta per poter permettere al lettore di cogliere anche a livello “intuitivo” il senso di tutto quello che sta leggendo e adattarlo alla propria condizione del momento e al proprio personalissimo percorso di vita.

Seguiranno degli allegati che spiegheranno nel dettaglio alcuni capitoli importanti, utili a chi eventualmente non riuscisse ad attingere abbastanza da quel livello intuitivo personale e a lavorare con l’esperienza di cui già dispone (cosa che sarebbe comunque auspicabile).

Tutto è partito da una considerazione sul bisogno inconsapevole di soffrire, dalla presa di coscienza del fatto che, le nostre sofferenze quotidiane, ce le siamo letteralmente cercate.

Buona lettura.

 

 

 

 

 

 

 

Il bisogno di soffrire

 

Ognuno di noi ha un inconsapevole bisogno di soffrire.

So bene che può sembrare assurdo, ma pensiamoci un attimo: quante cose dannose per la nostra salute, per le nostre relazioni e per la nostra economia non riusciamo a evitare di fare?

Quante persone sanno che la sigaretta fa male eppure non riescono a smettere di fumare?

Quante persone spendono fior di quattrini in gratta e vinci, slot e altri “giochi” rovinandosi economicamente, socialmente, nelle relazioni, eppure non riescono a smettere?

Quante persone mangiano sconsideratamente sapendo bene che si stanno facendo male eppure… non riescono a fermarsi?

Chi gli “impedisce” di smettere di fumare, di “giocare”, di mangiare troppo e male? Chi gli impedisce di smettere di farsi male?

Sono forse più stupidi di noi?

Sono forse delle persone “inferiori”?

Sono forse dei masochisti?

Evidentemente no, eppure…

Questi sono solo esempi di cose gravi e visibili, roba apparentemente pesante ma, se imparassimo a fare un certo tipo di AutoOsservazione un po’ particolare, ci accorgeremmo facilmente che tutta la vita è in “balìa” di queste “volontà interiori” di cui non siamo consapevoli o che comunque non riusciamo a “controllare”.

Ci sono molte altre volontà in ognuno di noi a determinare la nostra vita quotidiana. Sono volontà che normalmente definiamo “inconsce”; esse derivano dalle nostre memorie d’infanzia che oggi si comportano come entità apparentemente esterne a noi e di cui non siamo consapevoli; oppure magari le vediamo ma restano fuori dal nostro controllo (per esempio quando diciamo: “sono fatto così”: ci vediamo nel nostro errore ma non riusciamo a uscirne).

Ma ritorniamo al bisogno di soffrire.

Le nostre “volontà interiori” chiedono continuamente di essere viste, ascoltate e soprattutto “sentite”.

Quando per un periodo troppo lungo ci rifiutiamo di ascoltare queste volontà interiori e solo dopo averne visto i danni ce ne accorgiamo, ci rendiamo conto che c’è una “forza interiore” che ci porta a fare qualche stupidaggine quotidiana e di solito, a questo punto, cominciamo a lottarci contro nel disperato tentativo di liberarcene.

Per esempio, quando ci rendiamo conto che la bilancia è diventata un giudice troppo severo e decidiamo di fare una dieta forzata, o quando decidiamo di buttare via le sigarette perché non stiamo più tanto bene, quando insomma decidiamo di imporre la nostra volontà mentale, loro, le forze interiori inconsce, paradossalmente iniziano ad acquisire una propria energia, una propria forza, una propria “intelligenza e furbizia”; iniziano a comportarsi in noi come delle coscienze aliene con una loro “logica” e “capacità direttiva” della/nella nostra vita quotidiana, spesso le percepiamo come un nemico interiore.

Paradossalmente, più ci opponiamo e ci imponiamo con la nostra volontà mentale e più si rafforzano, diventando “incontrollabili”.

Arriva un momento in cui iniziamo ad avere proprio l’impressione di essere posseduti da un’altra entità, da una volontà che ci comanda e ci fa fare cose che, secondo la nostra ragione e una certa logica, non dovremmo mai più fare… ma alla fine vincono sempre loro perché, “semplicemente”, non le “vediamo” nel “giusto modo”.

Questi grandi “vizi”, queste cose “grosse”, ci portano a una sofferenza visibile, anzi, a una lunga serie di sofferenze.

Pensiamo un po’al vizio del gioco.

Perdita di denaro, perdita di dignità, perdita di valore nella società e nella famiglia, perdita del controllo di tutto, “imbruttimento” della vita, squallore e tanto altro ancora.

Ogni “altra” cosa che perdiamo, ogni “altra sofferenza” all’interno della sofferenza principale è un’altra volontà interiore inconscia che si è unita a tante altre volontà “nascoste” per manifestarsi platealmente nella nostra vita, nella speranza di essere “vista” (in un certo modo di cui parleremo alla fine).

Sono apparentemente tante sfaccettature dello stesso problema, ma in realtà, ognuno è un problema a sé che sta “usando” il vizio del gioco o il vizio del mangiare troppo e male, insomma, il vizio della nostra vita, qualunque esso sia, per manifestarsi, per farsi vedere, per farci capire che, in noi, c’è qualcos’altro da vedere e che dovremmo vederlo in “un certo modo”.

Sì, “un certo modo” perché in realtà già vediamo tutto questo in noi, ma lo vediamo in un modo “sbagliato”, lo vediamo così come siamo stati istruiti a vedere, a vederci, a vedere noi stessi e gli altri o noi nei “confronti degli altri” o gli altri nei nostri confronti…

Ma c’è un’altra consapevolezza da “vedere” e di cui prendere coscienza in tutto questo “lavoro”, c’è da accorgersi che, tutto quello che possiamo vedere nelle situazioni così gravi, nei vizi drammatici della nostra vita, in realtà avviene “identicamente” anche nelle cose più piccole, insignificanti e “apparentemente” banali della vita quotidiana.

Tutto funziona così, il meccanismo è lo stesso di chi è “vittima” del vizio del gioco o di tutti i grandi vizi della nostra società.

Ogni cosa che ci procura sofferenza, anche i piccoli “contrattempi quotidiani”, anche le cose più banali della vita di tutti i giorni, funzionano sempre allo stesso modo.

Del resto, anche i nostri grandi vizi, al loro esordio nella nostra vita non erano cose drammatiche, anzi, il più delle volte sono entrati nella nostra vita promettendoci qualcosa di bello e “intrigante”.

Molti vizi, quasi tutti, se ricordiamo bene, all’inizio, quando abbiamo cominciato a “nutrirli e coltivarli”, ci hanno dato qualcosa che in quel momento ci dava anche un senso di “soddisfazione”, i problemi sono cominciati quando è scattato qualcosa in noi che ci ha resi praticamente “schiavi”, “dipendenti” da quel qualcosa di cui ora non riusciamo più a fare a meno.

Quindi, detto (e visto) questo, è facile capire (e vedere) che anche la sofferenza più “stupida” e apparentemente irrilevante viene innescata dagli stessi meccanismi interiori anche se su scale, su ottave diverse.

Il “grande vizio” ci fa vedere il meccanismo in modo plateale, ci fa vedere come funzioniamo in ogni cosa, come funziona la vita quotidiana.

Le nostre volontà interiori, di cui siamo ancora inconsapevoli, vogliono portarci in situazioni particolari nelle quali si “manifestano” in modo sempre più evidente e a volte “rumoroso” (e dannoso) per “costringerci” a fermarci dal solito modo di vedere e vederci e a guardarci dentro, a guardare la fonte IN noi di tutta questa (apparentemente assurda) sofferenza.

Quando si inizia un certo tipo di AutoOsservazione, si cominciano a vedere questi meccanismi interiori all’azione dappertutto.

A un certo punto ci accorgiamo e vediamo proprio che tutto funziona così, tutto è “gestito” da qualcos’altro in noi e non dalla nostra ragione, almeno per come la intendiamo “normalmente”.

E per “tutto” si intende proprio tutto, anche il modo di tenere in mano un cucchiaio, un bicchiere, il modo di guidare, il modo di scrivere, di parlare, il tono della voce, il nostro personalissimo modo di gesticolare o di non gesticolare, il modo tutto nostro di stare nel mondo.

Con “un certo tipo di AutoOsservazione”, capiremo (perché lo vedremo nella sua fonte) che la sofferenza che stiamo vivendo, qualunque tipo di sofferenza sia, l’abbiamo “voluta noi”, o meglio, l’ha voluta e l’ha determinata una certa parte di noi che prima non avevamo mai “visto nel modo giusto”, capiremo che “là fuori” non c’è nessun colpevole ma solo “una massa di persone inconsapevoli” come siamo stati noi fino a poco fa e in buona parte lo siamo ancora, persone che, inconsapevolmente, si prestano a questo assurdo gioco nel quale anche noi partecipiamo a modo nostro e vedremo anche che il nostro personale modo di stare a questo assurdo gioco non è sempre stato il miglior modo di parteciparvi.

Ma chi è questa parte di noi che vuole la sofferenza?

Chi “vuole farci soffrire”?

Chi “usa” la nostra esistenza terrena e materiale trattandoci come burattini?

L’abbiamo detto prima, è il nostro inconscio, ma se a questo punto non ne siamo ancora venuti a capo, probabilmente qualcosa ci è sfuggito.

Cosa intendo per “inconscio”?

L’inconscio è una serie di ricordi d’infanzia che, nell’infanzia, nel momento in cui sono accaduti, non sono stati compresi ed elaborati in modo completo.

Ogni cosa che, quando eravamo bambini, ci ha lasciato con un punto interrogativo, con una domanda sospesa, è diventata memoria inconscia, è diventata qualcosa che vuole una risposta, la vuole da sempre e la vuole ancora oggi, la voleva dagli adulti di quel momento e, non avendola trovata, la vuole ancora adesso dall’adulto che siamo noi oggi.

L’inconscio è memoria d’infanzia.

Quindi bisogna imparare ad ascoltare questo insieme di memorie.

Ora però facciamo un salto in un altro argomento e un piccolo esame di coscienza apparentemente fuori contesto.

Noi adulti, siamo capaci di ascoltare e comprendere un bambino?

Perché è proprio questo “il punto”, saper ascoltare “il bambino” (interiore).

“Se non ritornerete come bambini, non entrerete mai…” lo disse anche Gesù.

Non parlo solo di comprendere noi, ma proprio un bambino, un figlio, un nipote, un qualunque bambino di pochi anni, riusciamo a comprenderlo?

Riusciamo a comprenderlo davvero?

Riusciamo a comunicare in modo completo e compiuto con un bambino?

Ne siamo capaci davvero?

Siamo realmente capaci di comunicare alla pari con un bambino?

Ho seri dubbi e il motivo sta nel linguaggio che, tra l’adulto e il bambino, è profondamente diverso, non tanto nelle parole ma più che altro nel significato che gli diamo, anche per una questione di frequenze energetiche e mentali.

Come non riusciamo a comprendere un bambino esterno a noi, allo stesso modo non possiamo comprendere il nostro “bambino interiore”, per lo stesso motivo, cioè per via del linguaggio.

Le esperienze d’infanzia che non abbiamo elaborato a quel tempo sono rimaste memorizzate in quel momento, esattamente nel momento in cui sono accadute e sono state vissute. In quel momento si sono letteralmente cristallizzate, insieme alla nostra capacità di comprensione, con la nostra capacità di percezione, con la nostra visione del mondo, con la scala dei valori del bambino che eravamo, con l’altezza fisica che avevamo a quel tempo, con le capacità e potenzialità che avevamo in quel preciso momento, con la percezione di noi stessi che avevamo a quel tempo (per esempio, vedevamo sotto il tavolo, non sopra e tutti erano più grandi e forti di noi). Per questo ogni volta che ci troviamo in difficoltà ci sentiamo intimamente piccoli.

Ogni cosa vissuta da bambini è stata memorizzata dal bambino che eravamo, nel modo come Lui vedeva, sentiva e interpretava il mondo che lo circondava in quel momento, in quell’anno, in quell’epoca storica. Con quelle sensazioni, quei profumi, quei rumori e con tutto quello che c’era in quel preciso momento, ma soprattutto come il bambino che eravamo sentiva, percepiva e interpretava tutto questo insieme di elementi e di eventi.

Il ricordo d’infanzia che emerge ora è stato memorizzato in quel modo ed emerge nello stesso modo in cui è stato memorizzato, quindi ha esattamente il linguaggio e le capacità cognitive che avevamo allora, ha i dettagli che vedevamo in quel momento, HA IL SIGNIFICATO CHE NOI GLI ABBIAMO DATO IN QUEL MOMENTO, vedendo le cose dal punto di vista del bambino che eravamo in quel momento, ma assolutamente NON come ora, non come adesso da adulti possiamo rivedere, comprendere e interpretare la “cosa” e l’evento che sta riemergendo ora.

Oggi, rivedere la scena mentalmente, magari con l’aiuto di una regressione, riviverla con una valenza mentale adulta, cercare nell’inconscio per capire mentalmente, per scoprire con la curiosità dell’adulto che siamo oggi, non serve letteralmente a nulla, anzi, può inficiare pesantemente la possibilità di portare la comprensione che da tanto tempo il nostro bambino interiore ci sta chiedendo.

Il più delle volte con questi metodi si può invertire la manifestazione inconscia, cosa che apparentemente potrà sembrare una guarigione almeno a livello di comportamento quotidiano, ma la risoluzione è ben altro.

La “nostra parte bambina” ora ha acquisito in noi una sua coscienza, un suo potere nella vita dell’adulto che siamo oggi e quindi… “è conveniente” prenderla in considerazione, ascoltarla, comprenderla e soprattutto, si deve fare in modo che LUI (l’inconscio) comprenda.

Fino a quando Lui non avrà compreso tutto, la vita sarà “gestita” dal nostro bambino interiore, attraverso tutte le sue domande che chiedono risposta e tutto il suo lavoro continuo di “ricerca di elementi” (durante la vita quotidiana dell’adulto che siamo oggi) che in qualche modo possano permettergli di rimettere in scena i “suoi” ricordi, quegli eventi in cui accadde che non capì qualcosa. Lo farà, anzi lo fa, contaminando la vita quotidiana, portandoci continuamente nella nostra inconsapevolezza, in situazioni che la nostra mente non vorrebbe più vivere o vedere.

(“Rendi conscio il tuo inconscio, altrimenti lui comanderà la tua vita e tu lo chiamerai destino“ C. G. Jung).

Nella recita della vita quotidiana potremmo anche arrivare a sembrare uomini/donne “maturi”, gente di polso, persone affermate, ma in realtà tutto saremo tranne che persone “realmente mature”.

Per maturare realmente, per “uscire” da questo “gioco/giogo inconsapevole” che abbiamo definito “normale condizione umana”, non è l’adulto che deve comprendere ma è l’inconscio, il nostro bambino interiore e il primo passo è vederlo.

Sì, pensiamo di dover capire noi adulti ma è proprio questa volontà di capire mentalmente, cioè da adulti, che ci frena e che impedisce la guarigione della vita, impedisce la liberazione da questo tiranno interiore (quale è diventato proprio per il troppo tempo di “non ascolto”).

Non siamo noi adulti, cioè non è la nostra “personalità” o quello che crediamo di essere diventati oggi a dover capire, è invece Lui, ancora Lui a dover/voler comprendere.

Noi, dobbiamo solo trasmettergli quel qualcosa che è rimasto in sospeso, dobbiamo solo completare quella esperienza infantile che rimase senza un perché soddisfacente.

Ovviamente non possiamo farlo con i discorsi mentali da adulti, non si può fare con la forzatura anche se quest’ultima, devo ammetterlo, per un po’ mi ha dato risultati interessanti ma poi rivelatisi assolutamente provvisori.

Possiamo però farlo a “livello energetico” e fisico.

Pensiamoci un po’.

Da tutto quello che c’era a quel tempo, in quel momento in cui è rimasta irrisolta una nostra domanda d’infanzia, quel che è rimasto uguale anche se evoluto e “cresciuto”, sono il nostro corpo e la nostra coscienza.

Ogni cosa che abbiamo vissuto in quel momento, l’abbiamo vissuta con questo corpo, e le sensazioni fisiche che abbiamo sentito in quel momento sono rimaste cristallizzate proprio nel nostro corpo e sono le stesse che sentiamo oggi ogni volta che ci si presenta una situazione che richiama un evento d’infanzia emotivamente simile.

Nel nostro corpo sono registrate le sensazioni di quei momenti d’infanzia e le stesse sensazioni si ripropongono uguali a se stesse oggi con solo una variazione di intensità, una variazione tanto più forte quanto più l’abbiamo rinnegata nel corso della vita.

Rinnegare le sensazioni di sofferenza

Ma quando abbiamo “imparato” a rinnegare la sofferenza?

Tutti abbiamo avuto una prima bua nell’infanzia, quando questo è accaduto, la mamma, il papà, la zia o altre figure “grandi” e rappresentative presenti in quel momento ci hanno dato un bacino sulla bua e ci hanno distratti.

Senza saperlo, ci hanno insegnato a distrarci dalla sofferenza, a non vederla, a non sentirla.

Questa lezione di vita l’abbiamo acquisita, evoluta, perfezionata e ce la siamo portata avanti a oltranza in tutto, abbiamo imparato a rifiutare la sofferenza, a non vederla, a pensare ad altro, a distrarci ogni volta che soffriamo.

Inoltre abbiamo visto come facevano i grandi e abbiamo rafforzato l’idea che sia giusto così.

Oggi addirittura crediamo fermamente che sia giusto prendersi qualche distrazione quando siamo sotto stress, quando soffriamo, quando qualcosa non va bene.

Paradossalmente, perfino quando sembra che stiamo immersi nella nostra sofferenza, in realtà, se ci facciamo caso, stiamo solo rimuginando sulle cause esterne che ci stanno facendo soffrire.

Ovviamente, non sulle cause reali e profonde, cioè non sulle cause interiori, non sulle nostre volontà interiori di cui siamo ancora inconsapevoli, volontà che ci hanno spinti in questa “condizione”, in questa sofferenza, ma su tutto quello che abbiamo “visto” accadere materialmente, con gli occhi della mente, sui colpevoli che si sono trovati sul posto oppure sulle nostre colpe, sugli eventi nefasti, sul brutto tempo, sulla società, sul governo, sugli amici/nemici su tutto tranne che su qualcosa IN NOI STESSI che ci ha spinti (e/o trattenuti) come delle marionette verso (o dentro) questa sofferenza.

Non riusciamo a vedere che una certa parte di noi stessi ci ha messi in quella situazione e, se qualche volta in un momento di pseudo-illuminazione ci accorgiamo di essere stati noi, iniziamo con il maledire noi stessi per la nostra stupidità, per la nostra debolezza, per la nostra incapacità e per altre cose simili, iniziamo a giudicare malamente noi stessi (mortificando ancora una volta il nostro bambino interiore invece che “vederlo” e comprenderlo).

E allora, cosa fare?

Ogni cosa è energia, ogni cosa muove energia, ogni pensiero è energia che a sua volta provoca reazioni (anche) energetiche in noi, nel nostro corpo.

Dicevamo che, questo corpo ce l’avevamo anche in quel momento d’infanzia e dicevamo anche che, tutto quello che ha sentito il bambino che eravamo e che oggi si manifesta interiormente, tanto da dargli il nome di “bambino interiore”, l’ha ovviamente sentito anche il nostro corpo.

L’ha sentito, memorizzato, somatizzato.

Ogni cosa che ci provoca sofferenza, se andiamo a vedere bene nel nostro corpo, provoca una tensione specifica in un punto ben preciso del corpo, a volte anche in più punti del corpo, ma è sempre nel corpo che accade qualcosa.

Ogni pensiero, ogni parola, ogni colore, ogni forma geometrica, ogni forma della natura, ogni odore, ogni sensazione tattile, ogni cosa, tutto provoca nel nostro corpo una reazione, una certa tensione fisica più o meno evidente, un passaggio di energia; se si è sufficientemente attenti, si sente proprio che avviene uno spostamento energetico all’interno del corpo fisico.

Durante un discorso, ogni parola provoca la sua “micro-tensione” nel corpo, se il discorso è fatto con parole buone che in noi rievocano cose buone, tutte queste parole con la loro energia produrranno nel nostro corpo una serie di accensioni e spegnimenti dei centri energetici in una certa sequenza armonica, questo sarà come “musica” per il nostro corpo, proprio come le corde di un’arpa quando suonano una bella musica, producendo benessere.

Se invece ascoltiamo parole brutte o che in noi provocano sensazioni brutte, questa sinfonia avrà delle stonature, non è sempre detto che siano realmente brutte parole ma se noi le percepiremo come tali, come note stonate, produrranno malessere.

Se una nota stonata suonerà troppo spesso, finirà per stressare quella corda fino a “stararla”, fino a farsi sentire in ogni musica che vogliamo provare a “suonare”, fino a stonare ogni tipo di discorso che vogliamo portare sul piano fisico, materiale e sociale. Fino a contaminare tutta la vita con una sua volontà che a quel punto va fuori da ogni “nostra possibilità di controllo”.

È il caso di quelle persone di cui si dice che, “sono come un disco rotto”, proprio perché ogni discorso finisce per rievocare la stessa discussione di sempre, vedi quelli che vedono ladri dappertutto, quelli che vedono imbroglioni dappertutto, quelli che ce l’hanno con la chiesa, quelli che ce l’hanno con gli stranieri ecc. e ogni colpa la girano sempre agli stessi destinatari, è sempre colpa del governo o degli industriali… Oppure dei neri o dei razzisti o dei carnivori o… di qualcuno che però, per loro è sempre lo stesso “soggetto”.

Dicevamo, qualcuno ci ha insegnato a distrarci dal dolore, dalla sofferenza, dalle cose che non ci piacciono.

Quando sentiamo una “nota stonata” ci distraiamo, ci allontaniamo da quella percezione, cerchiamo di distrarci, cerchiamo di non sentire e non vedere.

Crediamo che la colpa della brutta sensazione o emozione sia di qualcosa al di fuori di noi e ce ne allontaniamo, oppure, se non è possibile allontanarsi, ci distraiamo, facciamo in modo da non sentire questa sensazione/emozione che ci sta arrivando.

In questo modo però ci stiamo allontanando dall’unica possibilità che abbiamo per ascoltare quel momento d’infanzia che sta emergendo.

Ogni sensazione fisica di disagio è un richiamo a un momento d’infanzia. Il corpo ha registrato tutto nei dettagli, la memoria d’infanzia va ad attivare (senza che noi ce ne accorgiamo) quelle parti del corpo che erano coinvolte in quel momento, cioè, quelle parti del corpo che nel momento in cui è accaduto quel qualcosa che ora sta riemergendo, abbiamo messo in tensione per qualche motivo che in quel momento, per il bambino che eravamo, aveva sicuramente un senso ben preciso, ma che oggi, dall’occhio dell’adulto che siamo ora, viene visto in tutt’altro modo.

Ogni parte del corpo che va in tensione, se rimane in tensione per troppo tempo, finisce per andare in stress; dopo lo stress arriva il malessere fisico e, a lungo andare, anche la malattia.

Il non voler ascoltare il corpo, il volerci “distrarre dalla bua”, il voler scappare da ciò che ci fa soffrire, porta ad amplificare la necessità inconscia di farci sentire quel momento d’infanzia attraverso le sensazioni fisiche che si amplificheranno sempre di più.

Più rifiutiamo l’ascolto della nostra sofferenza psichica e fisica, più essa si perpetuerà e si rafforzerà nel corpo, ma anche nella vita sociale, economica, familiare.

La via della guarigione è quella dell’ascolto di noi stessi, a cominciare dal corpo, sentendo cosa dice.

So che può sembrare assurdo ma è così, il corpo parla continuamente ma noi non lo ascoltiamo mai e a forza di ignorarlo abbiamo anche dimenticato il suo linguaggio.

Tuttavia, pur non sapendo più il suo linguaggio, se ricominciamo ad ascoltarlo lui in qualche modo si farà capire.

Ma non aspettiamoci una comprensione spiegabile a parole, sarà una sensazione di intendimento, che però potrebbe bastare a ristabilire una situazione.

Se verrà fatta nel “giusto modo”, a volte ci arriverà alla mente anche (spesso in un secondo momento) il ricordo della scena d’infanzia che dovevamo comprendere, ma è bene che questo accada solo dopo aver già realizzato “l’alchimia emotiva” di cui parleremo tra un po’.

Dobbiamo imparare ad ascoltare la parte del corpo che è sollecitata, quella parte del corpo che ci sta trasmettendo/chiedendo qualcosa.

Dobbiamo essere consapevoli che, questa sofferenza, è una memoria d’infanzia e quindi ha bisogno di comprensione, soprattutto adesso che ha preso forza e “coscienza propria” fino a farsi notare così evidentemente e autonomamente nella vita quotidiana.

È da considerare proprio come un bambino, con una sua volontà di farsi ascoltare e soprattutto di comprendere.

Il nostro bambino interiore, attraverso questa sofferenza, ci sta chiedendo di capire quell’evento d’infanzia che gli è rimasto incompreso.

È lui che vuole capire, non siamo noi adulti, quindi, noi non dobbiamo elaborare proprio nulla, la mente deve stare in silenzio.

La parte più mentale che può servire mettere in campo è la consapevolezza di tutto il “meccanismo” di cui abbiamo parlato fin qui, un insieme di “informazioni” che, come detto all’inizio, ha il compito di soddisfare la curiosità mentale per fare in modo che poi stia zitta e che lasci “lavorare” l’inconscio, l’anima e tutto quell’insieme che sta chiedendo silenzio, osservazione, attenzione, presenza… e in ultima analisi, solo presenza consapevole.

Verrebbe da obiettare che, se il nostro bambino interiore vuol capire qualcosa e se noi adulti stiamo qui per completare questa “lacuna”, forse dobbiamo parlargli, spiegargli qualcosa… ma non è esattamente così.

Certamente, in una prima fase è proprio questo quello che faremo, ma non darà frutti perché è ancora una mente che si intromette in affari che non può capire, esattamente come non sa capire i discorsi dei bambini.

Ricordiamoci sempre che gli adulti non capiscono i bambini.

Servirà solo per stabilire un contatto, per prendere coscienza del fatto che c’è un’altra parte in noi che ha bisogno di comprensione.

Il passo immediatamente successivo è il silenzio in presenza della mente.

Per riuscire a “mettere in silenzio la mente”, è vivamente consigliato imparare a fare meditazione, magari cominciando dall’osservazione silenziosa del proprio respiro, senza giudicare se stiamo respirando bene o male, senza correggerlo e lasciandolo fluire come meglio gli pare, solo osservandolo come fosse un altro corpo (o un’altra coscienza) che sta respirando attraverso noi.

Se riusciamo a “stare nella nostra sofferenza” interiore e/o fisica senza parlare ma solo con la presenza silenziosa, potrà avvenire una alchimia emotiva/energetica.

Dicevamo che tutto è energia.

I nostri pensieri sono energia che smuove energie più dense, fisiche.

Le nostre sensazioni fisiche sono il risultato di un insieme di movimenti energetici interiori.

Tutto quello che accade, succede all’interno di un campo energetico, anzi, di più campi energetici ma principalmente nel campo energetico del nostro essere (corpo fisico in corpi energetici di vari livelli, frequenze, densità e intensità).

Quindi, contemporaneamente ci sono molte energie, quelle del corpo, quelle delle sensazioni del bambino interiore che si ripropongono anche nel corpo e… le energie della mente, cioè dell’adulto che siamo oggi.

In realtà ci sono anche molte altre energie in gioco, ma se non riusciamo a comprendere, sentire e soprattutto distinguere in un certo modo nemmeno queste, è inutile parlare degli altri livelli, sarebbero solo altra zavorra mentale da gestire in un contesto dove, se ci siamo capiti, la mente deve interferire il meno possibile. Tuttavia, potrà confortare il sapere che, come si dice, Dio non ci darà mai un carico superiore a quello che possiamo sopportare, quindi, almeno all’inizio di questa AutoOsservazione, non ci sarà nemmeno bisogno di andare a indagare altri livelli energetici. Del resto, se ci affidiamo a Lui, all’inconscio, Lui ci presenterà solo “cose” che, al livello di consapevolezza in cui ci troviamo ora, possiamo comprendere, vedere, elaborare e guarire. Gradualmente poi, man mano che impariamo a vedere e vederci “in un certo modo”, Lui alzerà l’asticella delle “difficoltà”, ma lo farà sempre in base a quello che possiamo realmente “gestire” dal livello di consapevolezza che avremo realmente raggiunto.

Ma ritorniamo alla questione dell’alchimia energetico-emotiva.

Ogni energia ha una frequenza diversa; noi adulti riusciamo a essere vicini alle frequenze cerebrali dei bambini solo quando dormiamo o quando siamo in dormiveglia, già appena ci svegliamo saliamo di frequenze e ci allontaniamo un po’ da quelle della nostra infanzia. Dopo esserci svegliati totalmente siamo letteralmente su un altro pianeta.

La comprensione può essere portata nell’inconscio da un livello energetico dove la mente, in silenzio, è soltanto presente.

La mente NON deve elaborare, l’elaborazione mentale porta a un innalzamento della frequenza delle onde cerebrali che non è più compatibile con quella del ricordo d’infanzia che, lo ripeto ancora una volta, è stato memorizzato con tutte le caratteristiche di quel momento in cui eravamo ancora bambini, quindi anche con le frequenze cerebrali di quel momento.

Se la mente riesce a stare in silenzio, sicuramente presente, osservatrice ma assolutamente in silenzio, senza dare connotazioni, senza elaborare né “giudicare” nulla di quel che eventualmente vedrà, senza proprio pensare ma solo osservare quel che sentirà nel corpo, avverrà una “fusione energetica” spontanea.

A livello energetico, la “sapienza” della mente potrà portare nell’inconscio quel tassello mancante, offrendo una comprensione e di conseguenza una guarigione.

Sarà proprio una fusione energetica tra la memoria d’infanzia e l’esperienza acquisita e metabolizzata dall’adulto che siamo oggi, sarà un “trasferimento dati” che avverrà a un livello che non è della mente ma del bambino che eravamo nel momento in cui è avvenuto il fatto che oggi andiamo a completare con questa alchimia energetico/emotiva.

Ci accorgeremo di avere portato una comprensione guaritrice nel nostro essere interiore da tante cose, però solo dopo che la “fusione” tra consapevolezza (mente saggiamente presente, silenziosa e NON giudicante) e inconscio (memoria d’infanzia) sarà avvenuta e completata nel giusto modo.

Sarà inevitabile accorgerci di qualcosa di diverso nelle sfumature del mondo intorno a noi, nel nostro modo di percepirlo.

È possibile che vedremo qualcosa che è sempre stato lì da qualche parte intorno a noi ma che non avevamo mai notato prima.

Ma soprattutto, qualcosa nel nostro corpo e nella nostra vita guarirà.

Comprendi ora perché le tue sofferenze te le sei sempre cercate?

Comprendi CHI in te le ha cercate?

Comprendi che ruolo ha avuto colui che si è inconsapevolmente offerto nel proporti cose che ti facevano soffrire e “recitando” per te la parte del cattivo?

Comprendi che anche tu, inconsapevolmente hai quotidianamente “offerto” sofferenze agli altri con gli stessi meccanismi interiori di cui tutti siamo “dipendenti”, senza volerlo e senza accorgertene?

Comprendi ora perché tutto è perfetto, pur nella sua apparente assurdità, perfino nella cattiveria?

Comprendi ora perché l’umanità non riesce a uscire dalla sofferenza?

Comprendi ora la trappola nella quale siamo tutti immersi inconsapevolmente?

Riesci ora, ad avere pietà e compassione di tutti quelli che si sono offerti inconsapevolmente di mostrarti le tue sofferenze?

Riesci ad avere pietà e compassione per te stesso per quante volte TU hai provocato inconsapevolmente sofferenza agli altri?

Se non hai pietà di loro, se non entri in uno stato di vera e autentica compassione consapevole verso tutto e tutti, e soprattutto verso te stesso per tutta la sofferenza che hai avuto e soprattutto per quella che hai inconsapevolmente dato, sarà molto difficile che tu possa continuare questo viaggio in te stesso con risultati soddisfacenti e sarà impossibile guarire la tua vita, le tue relazioni, il tuo corpo, nonostante medicine mirabolanti o tecniche avveniristiche. Salvo quei rari casi di blackout spontanei in cui la mente va in tilt, quando, in quei drastici momenti di silenzio, arriva spontaneamente una comprensione profonda, così profonda che il soggetto non sa spiegare nulla ma sente (e dimostra) chiaramente che da quel momento è una persona nuova.

Vuoi ancora continuare ad affidare la tua possibilità di guarigione a quegli eventi rari che chiamiamo miracoli o vuoi finalmente iniziare ad aprire la strada a chi in te sta chiedendo da sempre di realizzare il miracolo chiamato Vita, in modo pieno, vero e consapevole?

Ogni cosa che vivi è spinta da qualcosa in te che ti chiede di essere vista: solo se la guardi con la giusta consapevolezza, compassione e maturità, guarirà.

Se resterai nel bisogno di giudicare, nel bisogno di giustizia, di affermazione, di riconoscimento, di capire i fatti materiali e il loro perché mentale, dovrai continuare a restare (spesso inutilmente) nella tua sofferenza di sempre e ricadere inconsapevolmente sempre nelle stesse condizioni alle quali altrettanto inconsapevolmente ti sei legato… con tutte le loro conseguenze, a volte anche drammatiche e irreversibili.

Quanto letto fin qui, potrebbe bastare a “liberare” la tua capacità di AutoGuarigione della vita e della salute, ci saranno note aggiuntive che possono “spiegare” più in dettaglio i vari meccanismi inconsci, ma io ti consiglio vivamente di ritardare il più possibile la loro lettura.

Il mio auspicio è addirittura che tu riesca, da questa consapevolezza di cui hai letto fin qui, a mettere in moto più a livello intuitivo che “consapevole” i tuoi meccanismi interiori. Quanto scritto fin qui dovrebbe (come detto dall’inizio) soddisfare la mente razionale che, diversamente, avrebbe difficoltà ad accettare la possibilità di una capacità “autoguaritrice” che parta dal suo “silenzio in presenza”.

Prova, prova a farti bastare questo scritto, prova a leggerlo e rileggerlo più volte, anche una volta al giorno per almeno 28 giorni, poi, nell’allegato con la spiegazione delle influenze astrali capirai anche il perché (a volte) servono 28 giorni per portare in profondità un messaggio.

Ma per ora fidati e affidati.

Tutto quello che hai letto fin qui è gratuito, se vorrai tradurlo e divulgarlo in altre lingue sei libero di farlo, è il mio personale regalo a tutti.

Ti chiedo solo di citare l’autore (io), Giuseppe Lembo, anche se, come ogni testo che sia stato scritto finora in tutto il mondo e da quando è nata la scrittura, non è di proprietà di chi l’ha scritto, ma per suo merito, volontà e lavoro è arrivato a tutti.

Il resto, gli allegati con ulteriori spiegazioni e approfondimenti per argomenti potrebbero essere a pagamento, ma spero vivamente che tu non ne avrai bisogno, che ci arrivi da solo così come “ho fatto io”… ma in realtà sarebbe meglio dire, abbiamo fatto noi, io e il mio bambino interiore che, attraverso molte strade e molti studi diversi mi ha guidato fin qui. Oggi riesco ad ascoltarlo abbastanza bene, spesso mi offre anche regressioni spontanee immediate per mostrarmi l’origine di una sensazione, anche se, nonostante tutto, spesso ci litigo ancora… anch’io ho ancora bisogno di crescere… nonostante i miei già suonati cinquant’anni.

Buona vita e buona AutoOsservazione&Guarigione.

Con il cuore, da Giuseppe Lembo.

Tra San Paolo di Civitate (FG) e Roma, tra il 2018 e il 2019.

 

 

Ringraziamenti

Ringrazio tutte le persone che ho incontrato in questa vita, davvero tutti, anche chi mi ha tradito, chi mi ha ferito, chi mi ha fatto male ma soprattutto chi mi ha voluto bene, chi mi ha mostrato l’amore in tutte le sue forme più belle.

Ringrazio in particolare la mia famiglia, tutta, dai fratelli ai cugini, le zie, gli zii e tutti coloro che hanno contribuito a “creare” loro malgrado la persona che sono oggi e che fanno parte del mio albero genealogico.

Ringrazio la mia preziosa compagna Pina per la sua presenza durante la scrittura di questo testo, per le sue tante correzioni e la grande scrematura e per tutta la pazienza che ha avuto.

Ringrazio tutti i maestri che mi hanno guidato fin qui, persone straordinarie che a vari titoli mi hanno “illuminato” e fatto capire i meccanismi sottili della vita.

Ringrazio i miei Maestri “invisibili”, sperando di aver dato voce anche a Loro con questo testo e con tutto quello che ho fatto fin qui.

Grazie a tutti, dal profondo del mio cuore.

Grazie.

Foto alba dell’anno 2019

 

pdf dell’articolo intero  per poterlo scaricare liberamente, con preghiera di non modificarlo: AutoOsservazioni-di-un-contadino-dalla-meditazione-alla-vita-quotidiana. (1)

2 thoughts on “AutoOsservazioni di un contadino dalla meditazione alla vita quotidiana

  1. E la pigrizia che mi batte ,sempre ,non lo mai vinta,credo in tutto quello che dici .mi. consigli un chiodo da fissare la mia mente? Grazie Buon e lavoro
    Apollonio Daniele

    • L’unico “chiodo” da fissare nella mente è l’AutoOsservazione.
      Osservare te stesso.
      Come ho scritto, ogni cosa, ogni movimento ma anche ogni resistenza al muoversi (pigrizia) provoca in qualche parte del corpo delle resistenze, delle tensioni.
      Ti accorgi che la pigrizia ti frega? Bene, entra totalmente nella tua pigrizia e sentila nel tuo corpo.
      Inevitabilmente accadrà qualcosa, si manifesterà fisicamente in tensione oppure in “lassismo” ma qualcosa succederà sicuramente.
      Tu, con la tua attenzione resterai semplicemente in osservazione di quello che accadrà.
      È importante che tu non cerchi di capire il perché di questa reazione.
      Come ho scritto nel eBook, la reazione che sentiamo è una copia fedele di quella che sentimmo nell’infanzia quando accadde qualcosa che, adesso si sta manifestando sotto forma di pigrizia.
      Ciò che accadde allora, aveva (anche) la frequenza cerebrale del bambino che eravamo, se tu adesso ragioni su quel che senti accadere nel tuo corpo, alteri la percezione del ricordo d’infanzia, se invece osservi senza cercare di capire, non verrà alterato il ricordo che avrà finalmente modo di manifestarsi integralmente ed essere completato ad un livello che tu potresti non comprendere mentalmente, ma avrai comunque quella sensazione di intendimento di cui si parla nel eBook.

      Buon viaggio, in questo mondo interiore e buon ritorno a te stesso

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