AutoOsservazioni di un “Contadino”
(2.0)
Dalla meditazione alla vita quotidiana
Di Giuseppe Lembo, autore del blog: osservazionequantica.altervista.org
Premessa.
Si dice che,
per uscire dalla “ruota della sofferenza“
bisogna “lasciarsi andare“
e interrompere le attività della mente,
fare silenzio “nella testa”.
Ma purtroppo la mente non sta zitta mai,
soprattutto se
le si “chiede“ esplicitamente di farlo.
Si comporta proprio…
come un “bambino”
Lei, la mente,
ha bisogno di sapere sempre quello che sta succedendo,
ha bisogno di
“capire“
il perché delle cose.
Nella sospensione delle attività mentali
si creano delle condizioni energetiche particolari, di cui parleremo più avanti.
Quando la mente continua a elaborare, queste condizioni particolari
“saltano“
e non avviene la “comprensione di guarigione“
al livello in cui
“deve accadere”.
Per questo motivo
è importante imparare e praticare regolarmente
qualche tecnica di meditazione
che sia mirata alla sospensione dell’attività mentale
o almeno alla sua riduzione consapevole.
In questo testo si “spiega“, in modo molto sintetico,
come abbiamo fatto a metterci in questa condizione,
che solitamente viene definita…
“normale condizione umana“.
Il mio intento è, soddisfare la curiosità della mente
per renderla consapevole del perché è necessario il suo
“silenzio“,
dopodiché le risposte arriveranno praticamente “da sole”
ci si sentirà letteralmente guidati
nelle scelte,
nelle cose da leggere,
nei “maestri” da seguire,
nelle tecniche da imparare.
Si sentirà proprio la presenza
di una guida interiore
che farà tutto il possibile per farsi capire sempre di più
e per guidarci in qualche “percorso” di “autoconoscenza”,
adatto a noi e al livello di “consapevolezza” di cui realmente “disponiamo”
in quel momento.
Quando una curiosità è soddisfatta,
normalmente si smette di fare domande;
questo,
come già detto,
permetterà di “scendere“ con l’attenzione
a “quel livello di profondità“
dove tutto comincia e da dove tutto prende energia,
volontà
e forza creatrice.
Una forza che crea letteralmente,
sia in modo diretto
sia indiretto,
anche il mondo materiale nel quale tutti siamo immersi.
Spero che alla fine di questo testo
la mente riesca a essere sufficientemente soddisfatta,
abbastanza da permettere al lettore di affidarsi a una certa
“AutoOsservazione”
“a cui si arriverà”, gradualmente
alla fine del testo.
Il testo potrebbe a tratti sembrare incompleto
e in realtà lo è,
proprio per permettere al lettore di
“cogliere”
soprattutto a livello “intuitivo”
il senso di tutto quello che sta leggendo
e adattarlo alla propria condizione del momento
e al proprio personalissimo percorso di vita.
Per questo motivo, ogni volta che si rileggerà questo testo,
sembrerà di leggere qualcosa
che alle letture precedenti era sfuggito.
In futuro comunque seguiranno degli allegati
che spiegheranno nel dettaglio alcuni capitoli importanti,
utili a chi eventualmente
non riuscisse ad attingere abbastanza
da quel livello intuitivo personale
e a lavorare con l’esperienza di cui già dispone
(cosa che sarebbe comunque auspicabile).
Tutto è partito da una considerazione sul bisogno inconsapevole di soffrire,
dalla presa di coscienza del fatto che,
le nostre sofferenze quotidiane,
se le vediamo in un certo modo,
responsabilmente,
ci accorgiamo di essercele letteralmente cercate.
Buon ascolto.
Il bisogno di soffrire
Ognuno di noi
ha un “inconsapevole” bisogno di soffrire.
So bene che può sembrare assurdo,
ma pensiamoci un attimo:
per esempio
quante cose dannose per la nostra salute,
per le nostre relazioni e per la nostra economia
non riusciamo a evitare di fare?
Quante persone sanno che la sigaretta fa male e dà fastidio
eppure non riescono a smettere di fumare?
Quante persone spendono fior di quattrini in
gratta e vinci,
slot e altri “giochi”
rovinandosi economicamente,
socialmente,
nelle relazioni,
eppure non riescono a smettere?
Quante persone mangiano sconsideratamente
e male,
sapendo bene che si stanno facendo
del male
eppure…
non riescono a fermarsi?
Chi “impedisce” loro di smettere di fumare,
di “giocare”,
di mangiare troppo e male?
Chi impedisce loro di smettere
di farsi male?
Sono forse più stupidi di noi?
Sono forse delle persone “inferiori”?
Sono forse dei masochisti?
Evidentemente no,
eppure…
Questi ovviamente sono solo esempi
di cose gravi e visibili,
roba apparentemente pesante
ma, se imparassimo a fare un certo tipo di
AutoOsservazione
un po’ particolare,
ci accorgeremmo facilmente che tutta la vita
è in “balìa” di queste “volontà interiori”
di cui non siamo consapevoli
o che comunque
non riusciamo a “controllare”.
Ci sono molte altre volontà
in ognuno di noi
che determinano la nostra vita quotidiana,
al di là della nostra volontà mentale.
Sono volontà che normalmente definiamo
“inconsce”;
esse derivano dalle nostre memorie d’infanzia
e oggi si comportano
come entità apparentemente esterne a noi
e di cui non siamo consapevoli;
oppure a volte magari le vediamo pure,
ma restano comunque fuori dal nostro controllo
per esempio quando diciamo:
“sono fatto così”.
(ci vediamo nel nostro errore
ma non riusciamo a uscirne).
Ma ritorniamo al bisogno di soffrire.
Le nostre “volontà interiori” inconsce,
chiedono continuamente di essere
viste,
ascoltate
e soprattutto “sentite”.
Quando, per un periodo troppo lungo ci rifiutiamo di ascoltare queste volontà interiori
e purtroppo
solo dopo averne visto i danni
ce ne accorgiamo,
ci rendiamo conto che c’è una
“forza interiore” inconscia
che ci porta a fare qualche stupidaggine quotidiana
e di solito,
a questo punto,
cominciamo a lottarci contro
nel disperato tentativo di liberarcene.
Per esempio,
quando ci rendiamo conto che la bilancia è diventata un giudice
troppo severo
e decidiamo di fare una dieta forzata,
o quando decidiamo di buttare via le sigarette
perché non stiamo più tanto bene,
insomma,
quando decidiamo di imporre la nostra volontà mentale,
per metterle sotto controllo,
loro,
le forze interiori inconsce,
paradossalmente iniziano ad acquisire una propria energia,
una propria forza,
una propria
“intelligenza e furbizia”;
iniziano a comportarsi in noi
come delle coscienze aliene
con una loro “logica” e “capacità direttiva”
della
e/o
nella nostra vita quotidiana,
spesso le percepiamo come un nemico interiore.
Paradossalmente,
più ci opponiamo e ci imponiamo
con la nostra volontà mentale
logica, razionale
e più si rafforzano,
diventando “incontrollabili”.
Arriva un momento in cui iniziamo ad avere proprio l’impressione
di essere posseduti da un’altra entità,
da una volontà che ci comanda e ci fa fare cose che,
secondo la nostra ragione
e una certa logica,
non dovremmo mai più fare…
ma alla fine vincono sempre loro
perché, “semplicemente”,
non le “vediamo”
nel “giusto modo”.
(Ed è proprio di questo
“giusto modo”
che si cerca di spiegare in questo testo
come arrivare a “comprenderlo“
a “vederlo”,
a metterlo in pratica.)
Questi grandi “vizi”,
queste cose “grosse“,
ci portano a una sofferenza visibile,
anzi,
a una lunga serie di sofferenze.
Pensiamo un po’ al vizio del gioco,
che porta con sé
perdita di denaro,
perdita di dignità,
perdita di valore nella società e nella famiglia,
perdita del controllo di tutto,
“imbruttimento” della vita,
squallore
e tanto altro ancora.
Ogni “altra” cosa che perdiamo,
ogni “altra sofferenza”
all’interno della sofferenza principale
è un’altra volontà interiore
inconscia
che si è unita a tante altre volontà “nascoste”
per manifestarsi platealmente nella nostra vita,
nella speranza di essere “vista”
(in un certo modo
che capiremo e accenneremo alla fine).
Sono apparentemente tante sfaccettature dello stesso problema,
ma in realtà,
ognuno è un problema a sé
che sta “usando” il vizio del gioco
o il vizio del mangiare troppo e male,
il vizio di fare tardi,
insomma,
i vizi della nostra vita, qualunque essi siano,
per manifestarsi,
per farsi vedere,
per farci capire che,
in noi,
c’è qualcos’altro da vedere
e che dovremmo vederlo in “un certo modo”.
Sì, “UN CERTO MODO”!
perché in realtà già vediamo tutto questo in noi,
ma lo vediamo in un modo probabilmente “sbagliato”,
lo vediamo così come siamo stati istruiti a
vedere, a vederci,
a vedere noi stessi e gli altri
o noi nei “confronti degli altri”
e viceversa.
Ma c’è un’altra consapevolezza da vedere, capire e di cui prendere coscienza in tutto questo “lavoro”,
c’è da accorgersi che,
tutto quello che possiamo vedere nelle situazioni così gravi,
nei vizi drammatici della nostra vita,
in realtà avviene
“identicamente”
anche nelle cose più piccole, insignificanti e “apparentemente” banali della vita quotidiana.
Tutto funziona così,
il meccanismo è lo stesso
che si manifesta chiaramente
in chi è “vittima” di un qualunque “grande” vizio.
Ogni cosa che ci procura sofferenza,
anche i piccoli “contrattempi quotidiani”,
anche le cose più banali
della vita di tutti i giorni,
funziona sempre allo stesso modo.
Del resto,
anche i nostri grandi vizi,
al loro esordio nella nostra vita
non erano cose drammatiche,
anzi,
il più delle volte
sono entrati nella nostra vita promettendoci qualcosa di bello e “intrigante”.
Molti vizi,
quasi tutti,
se ricordiamo bene,
all’inizio,
quando abbiamo cominciato a “nutrirli e coltivarli”,
ci hanno dato qualcosa che
in quel momento
ci dava anche un senso di “soddisfazione”,
i problemi sono cominciati quando è scattato qualcosa in noi
che ci ha resi praticamente “schiavi”,
“dipendenti” da quel qualcosa
di cui ora
non riusciamo più a fare a meno.
Quindi,
detto (e visto) questo,
è facile capire (e vedere)
che anche la sofferenza più “stupida”
e apparentemente irrilevante
viene innescata dagli stessi meccanismi interiori
anche se su scale,
su ottave,
su livelli diversi.
Il “grande vizio”,
ci fa vedere il meccanismo in modo plateale,
ci fa vedere come funzioniamo in ogni cosa,
come funziona la vita quotidiana.
Le nostre volontà interiori,
di cui siamo ancora inconsapevoli,
vogliono portarci in situazioni particolari
nelle quali si “manifestano” in modo sempre più evidente
e a volte “rumoroso” (e dannoso)
per “costringerci” a fermarci dal solito modo di vedere e vederci
e a guardarci dentro,
a guardare la fonte IN noi
di tutta questa
(apparentemente assurda)
sofferenza.
Quando si inizia seriamente
un certo tipo di AutoOsservazione,
si cominciano a vedere questi meccanismi interiori
all’azione dappertutto.
A un certo punto ci accorgiamo e vediamo proprio
che tutto funziona così,
tutto è “gestito” da qualcos’altro in noi
e non dalla nostra ragione,
almeno non
per come la intendiamo “normalmente“.
E per “tutto”
si intende proprio tutto.
Pensaci un po’,
anche il modo di tenere in mano un cucchiaio,
un bicchiere,
il modo di guidare,
il modo di scrivere,
di parlare,
il tono della voce,
il nostro personalissimo modo di gesticolare
o di non gesticolare,
il modo tutto nostro di stare nel mondo,
tutto questo e tanto altro,
non è sotto il nostro vero controllo,
se lo vediamo bene,
“ce lo fa fare”…
e ripeto, ce lo fa fare…
…qualcuno in noi,
ce lo fa fare in questo nostro “personale”(???) modo,
qualcos’altro
o qualcun altro che è in noi
qualcosa o qualcuno che ci manovra letteralmente come fossimo burattini
(non possiamo cambiare nemmeno la nostra grafia,
non è in nostro potere,
possiamo solo migliorarla un po’ per qualche rigo
ma i tratti distintivi resteranno sempre gli stessi
e prima della fine del testo ritornerà sempre la nostra solita grafia)
Con “un certo tipo di AutoOsservazione”,
capiremo
(perché lo vedremo nella sua fonte)
che la sofferenza che stiamo vivendo,
qualunque tipo di sofferenza sia,
l’abbiamo “voluta noi”,
o meglio,
l’ha voluta e l’ha determinata una certa parte di noi
che prima non avevamo mai “visto nel modo giusto”,
capiremo che
“là fuori”,
al di fuori di noi stessi,
non c’è nessun colpevole
ma solo “una massa di persone inconsapevoli”
come siamo stati noi fino a poco fa
e in buona parte lo siamo
e forse lo resteremo ancora per molto,
persone che,
inconsapevolmente,
si prestano a questo assurdo gioco
nel quale anche noi partecipiamo a modo nostro
e vedremo anche che
il nostro personale modo di stare
a questo assurdo gioco
non è sempre stato il miglior modo di parteciparvi.
Ma chi è questa parte di noi che vuole la sofferenza?
Chi “vuole farci soffrire”?
Chi “usa” la nostra esistenza terrena e materiale
trattandoci come burattini
e ficcandoci continuamente nei soliti problemi di tutti i giorni?
L’abbiamo detto prima,
è il nostro inconscio,
ma se a questo punto non ne siamo ancora venuti a capo,
probabilmente qualcosa ci è sfuggito.
Cosa intendo per “inconscio”?
L’inconscio è una serie di ricordi d’infanzia che,
nell’infanzia,
nel momento in cui sono accaduti,
non sono stati compresi ed elaborati in modo completo.
Ogni cosa che,
quando eravamo bambini,
ci ha lasciati con un punto interrogativo,
con una domanda sospesa,
è diventata memoria inconscia,
è diventata qualcosa che vuole una risposta,
la vuole da sempre
e la vuole ancora oggi,
la voleva dagli adulti di quel momento e,
non avendola trovata,
la vuole ancora adesso dall’adulto che siamo noi
oggi.
L’inconscio è sostanzialmente,
memoria irrisolta d’infanzia.
Quindi bisogna imparare ad ascoltare questo insieme di memorie.
Ora però
facciamo un salto in un altro argomento
e un piccolo esame di coscienza
apparentemente fuori contesto.
Noi adulti,
siamo capaci di ascoltare e comprendere un bambino?
Perché è proprio questo “il punto”,
saper ascoltare “il bambino”
(interiore).
“Se non ritornerete come bambini, non entrerete mai…”
lo disse Gesù.
Adesso però,
non parlo solo di comprendere noi,
ma proprio un altro bambino,
un figlio,
un nipote,
un qualunque bambino di pochi anni,
riusciamo a comprenderlo?
Riusciamo a comprenderlo davvero?
Riusciamo a comunicare in modo completo e compiuto con un bambino?
Riusciamo a comunicare con i bambini, esattamente come loro comunicano tra di loro?
Ne siamo capaci davvero?
Siamo realmente capaci di comunicare alla pari
con un bambino?
Ho seri dubbi
e il motivo sta nel linguaggio che,
tra l’adulto e il bambino,
è profondamente diverso,
non tanto nelle parole
ma più che altro nel significato che gli diamo,
e anche per una questione di frequenze energetiche e mentali
di cui parleremo tra un po’.
Così come non riusciamo a comprendere un bambino esterno a noi,
allo stesso modo non possiamo comprendere il nostro “bambino interiore”,
il nostro inconscio,
per lo stesso motivo,
per la “differenza” di linguaggio.
Le esperienze della nostra infanzia
che non abbiamo sufficientemente elaborato a quel tempo
sono rimaste memorizzate in quel momento,
esattamente nel momento in cui sono accadute e sono state vissute.
In quel momento si sono letteralmente cristallizzate in noi,
nel nostro essere profondo,
nel nostro corpo,
nelle nostre cellule,
insieme alla nostra capacità di comprensione,
con la nostra capacità di percezione,
con la nostra visione del mondo,
con la scala dei valori del bambino che eravamo,
dal punto di vista del bambino che eravamo
con l’altezza fisica che avevamo a quel tempo,
con le capacità e potenzialità che avevamo in quel preciso momento,
con la percezione che avevamo di noi stessi a quel tempo
(per esempio, vedevamo sotto il tavolo,
non sopra
e tutti erano più grandi e forti di noi).
Per questo
ogni volta che ci troviamo in difficoltà
se ci facciamo caso,
ci sentiamo intimamente piccoli,
perché stiamo emotivamente e inconsapevolmente
rivivendo un momento d’infanzia!
Stiamo rivivendo un momento in cui eravamo piccoli e,
vivevamo e vedevamo la vita
esattamente come ci stiamo sentendo ora,
in questo momento di difficoltà,
in questo momento che ha
evidentemente
tutti gli attributi
per permettere che emerga questa precisa emotività profonda
dall’interno del nostro essere (dal nostro inconscio).
Ogni cosa vissuta da bambini è stata memorizzata dal bambino che eravamo,
nel modo come Lui vedeva,
sentiva
e interpretava il mondo che lo circondava in quel momento,
in quell’anno,
in quell’epoca storica.
Con quelle sensazioni,
quei profumi,
quei rumori e con tutto quello che c’era in quel preciso momento,
ma soprattutto
come il bambino che eravamo a quel tempo,
sentiva,
percepiva e
interpretava
in quel momento,
tutto quell’insieme di elementi e di eventi.
Il ricordo d’infanzia che emerge ora
è stato memorizzato in quel modo
ed emerge nello stesso modo in cui è stato memorizzato,
quindi ha esattamente il linguaggio e le capacità cognitive
che avevamo allora,
ha i dettagli che vedevamo in quel momento,
HA IL SIGNIFICATO CHE NOI GLI ABBIAMO DATO IN QUEL MOMENTO,
vedendo le cose dal punto di vista del bambino che eravamo in quel momento,
ma assolutamente
NON come ora,
non come adesso da adulti possiamo rivedere,
comprendere
e interpretare la “cosa” e l’evento che sta riemergendo ora.
Oggi,
rivedere la scena mentalmente,
magari con l’aiuto di una regressione,
riviverla con una valenza mentale adulta,
cercare nell’inconscio per capire mentalmente,
per scoprire con la curiosità dell’adulto che siamo oggi,
può non servire a nulla,
anzi,
a volte potrebbe inficiare pesantemente la possibilità di trovare la giusta comprensione
che da tanto tempo il nostro bambino interiore ci sta chiedendo.
Volendo,
con certi “metodi”
si può invertire la manifestazione inconscia,
cosa che apparentemente potrà sembrare una guarigione
almeno nell’immediato,
ma la risoluzione è ben altro.
La “nostra parte bambina”
ora ha acquisito in noi una sua coscienza,
un suo potere direttivo nella vita dell’adulto che siamo oggi
ha “imparato” a determinare alcuni tratti del nostro comportamento quotidiano,
ha imparato a guidarci quando siamo “distratti”
per portarci nelle situazioni che le servono
per farci vedere qualcosa di noi,
della nostra infanzia,
qualcosa di quei momenti in cui non abbiamo capito qualcosa che oggi,
per il modo di vedere della memoria d’infanzia che sta emergendo adesso
è evidentemente diventato importante e prioritario.
quindi…
a questo punto
“è perfino conveniente” prenderlo in considerazione,
ascoltarlo,
comprenderlo
e soprattutto,
si deve fare in modo che LUI
(l’inconscio)
comprenda.
Fino a quando Lui non avrà compreso tutto,
la vita sarà “gestita” dal nostro
bambino interiore,
attraverso tutte le sue domande che chiedono risposta
e tutto il suo lavoro continuo di
“ricerca di elementi”
(durante la vita quotidiana dell’adulto che siamo oggi)
che in qualche modo possono permettergli
di rimettere in scena i “suoi” ricordi,
quegli eventi in cui accadde che non capì qualcosa,
un qualcosa che,
in quel momento,
aveva elementi fisici e soprattutto emotivi
molto simili alla situazione di questo momento di “sofferenza”
che stiamo vivendo ora.
Lo farà,
anzi
lo fa,
contaminando la vita quotidiana,
portandoci continuamente
“attraverso” la nostra inconsapevolezza,
in situazioni che la nostra mente non vorrebbe più vivere o vedere.
(“Rendi conscio il tuo inconscio,
altrimenti lui comanderà la tua vita
e tu
Lo chiamerai destino“
C. G. Jung).
Nella recita della vita quotidiana
potremmo anche arrivare a sembrare
uomini/donne “maturi”,
gente di polso,
persone affermate,
ma in realtà tutto saremmo tranne che persone “realmente mature”.
Per maturare realmente,
per “uscire” da questo
“gioco e giogo inconsapevole”
che abbiamo definito “normale condizione umana”
dobbiamo imparare a vedere tutto quello che accade,
separatamente e contemporaneamente nel suo insieme
e vederlo in profondità,
nella nostra profondità.
Quindi lo ripeto,
non è l’adulto che deve comprendere
ma è l’inconscio,
il nostro bambino interiore
e il primo passo è
vederlo
“in un certo modo”.
Sì, pensiamo di dover capire noi
adulti
ma è proprio questa volontà di capire mentalmente,
cioè “ragionando” da adulti,
che ci frena e che impedisce la guarigione della vita,
impedisce la liberazione da questo tiranno interiore
(quale è diventato
proprio per il troppo tempo di “non ascolto”).
Non siamo noi adulti,
cioè non è la nostra “personalità”
non è il personaggio che inconsapevolmente interpretiamo
o quello che crediamo di essere diventati oggi a dover capire,
non è nemmeno il “Guru” che crediamo di essere diventati
con tutti i nostri studi sulla spiritualità o sulla coscienza umana,
non è nulla di tutto questo a dover capire
è invece Lui, ancora Lui
a dover/voler comprendere,
è il nostro inconscio.
Noi
dobbiamo solo fare in modo che gli venga trasmesso
quel qualcosa che è rimasto in sospeso,
dobbiamo solo “PERMETTERE CHE ACCADA!”,
E ripeto, solo
PERMETTERE CHE ACCADA!
Che accada una certa alchimia
energetico-emotiva
dobbiamo solo completare quella esperienza infantile che rimase senza un perché soddisfacente.
Ovviamente,
abbiamo capito ora che non possiamo farlo con i discorsi mentali da adulti,
non si può fare con la forzatura,
con tecniche coercitive verso l’inconscio
anche se quest’ultima,
devo ammetterlo,
per un po’ di tempo mi ha dato risultati interessanti
ma poi rivelatisi assolutamente provvisori.
Possiamo però farlo
O meglio,
possiamo “permettere che accada”
a “livello energetico” emotivo e fisico.
Come?
Pensiamoci un po’.
Di tutto quello che c’era a quel tempo,
in quel momento in cui è rimasta irrisolta una nostra domanda d’infanzia,
di tutto quello che c’era in quei nostri momenti d’infanzia,
cosa è rimasto uguale, anche se evoluto e “cresciuto”?
Sicuramente il nostro corpo,
o meglio,
le nostre sensazioni,
memorizzate e continuamente reiscritte nel nostro corpo,
nelle nostre nuove cellule,
la nostra percezione e la nostra cognizione di quel momento.
Ogni cosa che abbiamo vissuto in quel momento,
l’abbiamo vissuta con questo corpo,
le sensazioni fisiche che abbiamo sentito in quel momento
sono rimaste cristallizzate proprio nel nostro corpo
e sono le stesse che sentiamo oggi
ogni volta che ci si presenta una situazione
che richiama un evento d’infanzia
emotivamente simile.
Nel nostro corpo sono registrate le sensazioni di quei momenti d’infanzia
esattamente come le abbiamo vissute
e le stesse sensazioni
si ripropongono uguali a se stesse
oggi
con solo una variazione di intensità,
una variazione tanto più forte
quanto più l’abbiamo inconsapevolmente rinnegata nel corso della vita.
Rinnegare le sensazioni di sofferenza
Ma quando abbiamo “imparato” a rinnegare la sofferenza?
Pensiamoci un pò,
tutti abbiamo avuto una prima bua nell’infanzia,
quando questo è accaduto,
la mamma, il papà, la zia
o altre figure “grandi” e rappresentative presenti in quel momento
ci hanno dato un bacino sulla bua e ci hanno distratti.
È sempre così che si fa con i bambini…
Senza saperlo però,
ci hanno insegnato a distrarci dalla sofferenza,
a non vederla,
a non sentirla.
Questa lezione di vita l’abbiamo acquisita,
l’abbiamo evoluta,
perfezionata
e ce la siamo portata avanti a oltranza in tutto,
abbiamo imparato a rifiutare la sofferenza,
a non vederla,
a pensare ad altro, a distrarci ogni volta che soffriamo.
Inoltre abbiamo visto come facevano i grandi
e abbiamo rafforzato l’idea che sia giusto così.
Oggi addirittura
crediamo fermamente che sia giusto prenderci qualche distrazione quando siamo sotto stress,
quando soffriamo,
quando qualcosa non va bene.
Paradossalmente,
perfino quando sembra che siamo immersi nella nostra sofferenza,
in realtà,
se ci facciamo caso,
stiamo solo rimuginando o peggio,
“ragionando”
sulle cause esterne che ci stanno facendo soffrire.
Ovviamente, non sulle cause reali e profonde,
cioè non sulle “nostre cause interiori”,
non sulle nostre volontà interiori di cui siamo ancora inconsapevoli,
volontà che ci hanno portati come burattini
in questa “condizione”,
in questa sofferenza,
ma su tutto quello che abbiamo “visto” accadere materialmente,
con gli occhi e i “ragionamenti” che normalmente usa la mente,
rimuginiamo sui colpevoli che si sono trovati sul posto
oppure sulle nostre colpe,
sugli eventi nefasti, sul brutto tempo, sulla società,
sul governo,
sugli amici o i nemici
su tutto tranne che
su qualcosa IN NOI STESSI
che ci ha spinti, trattenuti o portati
come delle marionette
verso (o dentro) questa sofferenza.
Non riusciamo a vedere che una certa parte di noi stessi
ci ha messi in quella situazione
e, se qualche volta
in un momento di pseudo-illuminazione
ci accorgiamo di essere stati noi,
iniziamo con il maledire noi stessi per la nostra
stupidità,
per la nostra debolezza,
per la nostra incapacità e per altre cose simili,
iniziamo a giudicare malamente noi stessi
(mortificando ancora una volta il nostro bambino interiore
invece di “vederlo” e comprenderlo).
E allora, cosa fare?
L’energia.
Ogni cosa è energia,
ogni cosa muove energia,
ogni pensiero è energia che a sua volta
provoca reazioni (anche) energetiche in noi,
nel nostro corpo.
Dicevamo che, questo corpo ce l’avevamo anche in quel momento d’infanzia e
dicevamo anche che,
tutto quello che ha sentito il bambino che eravamo e che oggi riemerge interiormente,
tanto da dargli il nome di “bambino interiore”,
l’ha ovviamente sentito anche il nostro corpo.
L’ha sentito,
memorizzato
e
s o m a t i z z a t o.
Ogni cosa che ci provoca sofferenza,
se andiamo a vedere bene nel nostro corpo,
provoca una tensione specifica in un punto ben preciso del corpo,
a volte anche in più punti del corpo,
ma è sempre nel corpo che accade qualcosa.
Ogni pensiero, ogni parola, ogni colore,
ogni forma geometrica, ogni forma della natura,
ogni odore, ogni sensazione tattile,
ogni cosa,
tutto provoca nel nostro corpo una reazione,
una certa tensione fisica più o meno evidente,
un passaggio di energia;
se si è sufficientemente attenti e allenati,
si sente proprio che avviene un movimento energetico all’interno del corpo fisico.
Durante un discorso,
ogni parola provoca la sua “micro-tensione” nel corpo,
se il discorso è fatto con parole buone
che in noi rievocano cose buone,
tutte queste parole
con la loro energia
produrranno nel nostro corpo una serie di accensioni e spegnimenti dei centri energetici
in una certa sequenza armonica,
questo sarà percepito come “musica” per il nostro corpo,
proprio come le corde di un’arpa quando suonano una bella musica,
producendo benessere.
Se invece ascoltiamo parole brutte o che in noi provocano sensazioni brutte,
questa sinfonia avrà delle stonature,
non è sempre detto che siano realmente
brutte parole
ma se noi le percepiremo o interpreteremo come tali,
come note stonate,
produrranno malessere.
Se una nota stonata, cioè
se una parola o un discorso che non ci piace,
suonerà o si ripeterà troppo spesso,
finirà per stressare quella corda
fino a “stararla”,
fino a farsi sentire con la sua stonatura in ogni musica che vogliamo provare a “suonare”,
cioè, fino a stonare ogni tipo di discorso che vogliamo portare sul piano
fisico,
materiale e sociale.
Fino a contaminare tutta la vita con una sua volontà
che a quel punto va fuori da ogni “nostra possibilità di controllo”.
È il caso di quelle persone di cui si dice che,
“sono come un disco rotto”,
proprio perché ogni loro discorso
finisce per rievocare la stessa discussione di sempre,
come quelli che vedono ladri dappertutto,
quelli che vedono imbroglioni dappertutto,
quelli che ce l’hanno con la chiesa,
quelli che ce l’hanno con gli stranieri ecc.
e ogni colpa la girano sempre agli stessi destinatari,
è sempre colpa del governo o degli industriali…
Oppure dei neri o dei razzisti o dei carnivori o…
di qualcuno che però,
per loro
è sempre lo stesso “soggetto”.
Dicevamo,
qualcuno ci ha insegnato a distrarci dal dolore,
dalla sofferenza,
dalle cose che non ci piacciono.
Quando sentiamo una “nota stonata”,
una parola o un discorso che non ci piace,
ci allontaniamo da quella percezione,
cerchiamo di distrarci,
cerchiamo di non sentire e non vedere.
Crediamo che la colpa della brutta sensazione o emozione
sia di qualcosa al di fuori di noi
e ce ne allontaniamo,
oppure,
se non è possibile allontanarsi, ci distraiamo,
facciamo in modo da non sentire questa
sensazione/emozione
che ci sta attraversando.
In questo modo però
Inconsapevolmente
ci stiamo allontanando dall’unica possibilità che abbiamo
per ascoltare,
per sentire in noi stessi,
quel momento d’infanzia che sta emergendo ora.
Ogni sensazione fisica
è sempre un richiamo a un momento d’infanzia.
Il corpo ha registrato tutto nei dettagli,
la memoria d’infanzia va ad attivare
(senza che noi ce ne accorgiamo)
quelle parti del corpo che erano coinvolte in quel momento,
cioè,
quelle parti del corpo che
nel momento d’infanzia in cui è accaduto quel qualcosa
che ora sta riemergendo,
abbiamo messo in tensione per qualche motivo che,
in quel momento,
per il bambino che eravamo,
aveva sicuramente un senso ben preciso,
ma che oggi,
dall’occhio dell’adulto che siamo ora,
viene visto in tutt’altro modo.
Ogni parte del corpo che va in tensione,
se rimane in tensione per troppo tempo,
finisce per andare in stress;
dopo lo stress arriva il malessere fisico
e, a lungo andare, anche la malattia.
Il non voler ascoltare il corpo,
il volerci “distrarre dalla bua”,
il voler scappare da tutto ciò che ci fa soffrire,
porta ad amplificare la necessità dell’inconscio di farci sentire quel momento d’infanzia.
Lo farà attraverso le sensazioni fisiche che si amplificheranno sempre di più.
Più rifiutiamo l’ascolto della nostra sofferenza psichica e fisica,
più essa si perpetuerà e si rafforzerà nel corpo,
ma anche nella vita sociale,
economica e familiare.
LA GUARIGIONE
La via della guarigione è quella dell’ascolto di noi stessi, a cominciare dal corpo,
sentendo cosa ci dice.
Lo so che può sembrare strano ma è così,
il corpo parla continuamente
ma noi non lo ascoltiamo mai
e a forza di ignorarlo
abbiamo anche dimenticato il suo linguaggio.
Tuttavia, pur non sapendo più il suo linguaggio,
se ricominciamo ad ascoltarlo
lui in qualche modo si farà capire.
Ma non aspettiamoci una comprensione spiegabile a parole,
sarà una
sensazione di intendimento,
che però potrebbe bastare a ristabilire una situazione.
Se verrà fatta nel “giusto modo”,
a volte ci arriverà alla mente anche
(spesso in un secondo momento)
il ricordo della scena d’infanzia che dovevamo comprendere,
ma è bene che questo accada solo dopo aver già realizzato
“l’alchimia emotiva”
di cui parleremo tra un po’.
Dobbiamo imparare ad ascoltare la parte del corpo che è sollecitata dalla nostra emotività profonda,
quella parte del corpo che ci sta
trasmettendo e chiedendo qualcosa.
Dobbiamo essere consapevoli che
questa sofferenza
è una memoria d’infanzia e quindi ha bisogno di comprensione,
di attenzione,
di “calore”,
di “umanità matura”
come fosse un bambino,
soprattutto adesso che ha preso forza e “coscienza propria”
fino a farsi notare così evidentemente
e autonomamente
nella vita quotidiana.
È da considerare proprio come un bambino,
con una sua volontà di farsi ascoltare
e soprattutto di comprendere.
Il nostro bambino interiore,
attraverso questa sofferenza,
ci sta chiedendo di voler capire quell’evento d’infanzia che gli è rimasto incompreso.
È lui che vuole capire,
non siamo noi adulti;
noi adulti
al massimo “vorremmo capire cosa vuol capire lui”,
ma questo come già detto produrrà solo un ulteriore problema di intendimento.
Quindi noi,
mentalmente,
non dobbiamo elaborare proprio nulla,
la mente,
il nostro modo di ragionare,
deve stare in silenzio.
I bambini imparano più dall’esempio che dalle parole dell’adulto,
cercare di spiegargli
cercare di spiegarci
quello che sta accadendo adesso
o il ricordo che sta emergendo
da un punto di vista adulto,
non permetterà,
anzi,
impedirà alla memoria d’infanzia di essere soddisfatta.
L’unica cosa che possiamo fare concretamente è
“stare” e ripeto,
STARE dentro l’esperienza fisica,
energetica,
emotiva,
che si sta manifestando ADESSO in noi.
Essere solo presenti,
senza giudicare
senza connotare,
senza pensare nulla,
solo presenti,
vigili,
maturi,
presenti, vigili e “vicini”
a questa memoria d’infanzia,
come fosse un bambino,
il nostro bambino,
un bambino che chiede solo la vicinanza di un adulto,
la vicinanza,
non certo la spiegazione,
la vicinanza di noi stessi a noi stessi.
La parte più mentale che può servire “mettere in campo”
è la consapevolezza di tutto il “meccanismo” di cui abbiamo parlato fin qui,
un insieme di “informazioni”
che,
come detto all’inizio,
ha il compito di soddisfare la curiosità della nostra parte mentale
per fare in modo che poi stia zitta
e che lasci “lavorare” l’inconscio,
l’anima
e tutto quell’insieme che sta chiedendo silenzio,
osservazione,
attenzione,
presenza…
e in ultima analisi,
solo presenza consapevole.
Verrebbe da pensare che,
se il nostro bambino interiore vuol capire qualcosa
e se noi adulti stiamo qui per completare questa “lacuna”,
forse dobbiamo
parlargli,
spiegargli qualcosa…
ma non è esattamente così.
Certamente, in una prima fase è proprio questo quello che faremo,
ma non darà frutti
perché è ancora una mente che si intromette in affari che non può capire,
esattamente come non sa capire i discorsi dei bambini.
Ricordiamoci sempre che gli adulti non capiscono i bambini.
Questa fase servirà solo per stabilire un contatto,
per prendere coscienza del fatto che c’è,
un’altra parte in noi
che ha bisogno di comprensione.
Il passo immediatamente successivo è il silenzio in presenza della mente.
LA MEDITAZIONE
Per riuscire a “mettere in silenzio la mente”,
è vivamente consigliato imparare a fare meditazione,
magari cominciando dall’osservazione silenziosa del proprio respiro,
senza giudicare se stiamo respirando bene o male,
senza correggerlo
e lasciandolo fluire come meglio gli pare,
solo osservandolo
come fosse un altro corpo
(o un’altra coscienza)
che sta respirando attraverso noi.
Osservando il nostro respiro,
senza cercare nemmeno di comprenderlo,
ci permetterà di prendere contatto con una parte del nostro inconscio.
Pensaci un po’, chi ti fa battere il cuore?
Chi pensa al tuo respiro?
Chi pensa a tutte le funzioni interne che ti tengono in vita?
Chi fa funzionare il tuo corpo?
Sono funzioni inconsce, alcune parzialmente sotto il controllo volontario.
È sempre una parte del tuo inconscio.
Osservare senza giudicare il proprio respiro,
il proprio battito del cuore,
i propri movimenti interiori,
il proprio corpo,
ci porta a una prima presa di contatto con una parte del nostro inconscio.
Ma bisogna imparare a farlo davvero in silenzio,
bisogna davvero imparare a osservarsi come se si osservasse silenziosamente il corpo di qualcun altro,
magari il corpo di un figlio che sta dormendo e che non vogliamo disturbare,
magari anche con la stessa amorevolezza che avremmo per questo nostro figlio che,
nel caso del nostro corpo,
siamo noi stessi.
Osservare senza giudicare,
senza connotare,
senza voler controllare o migliorare,
senza voler modificare nulla,
senza voler nemmeno comprendere,
ma solo offrendo la nostra attenzione
matura,
silenziosa,
amorevole,
presente.
Se riusciamo a “stare nella nostra sofferenza” interiore e/o fisica
senza parlare nemmeno mentalmente
ma solo con la presenza silenziosa,
potrà avvenire una alchimia emotiva e energetica.
ANCORA SULL’ENERGIA
Dicevamo che tutto è energia.
I nostri pensieri sono energia che muove energie più dense,
fisiche.
Le nostre sensazioni fisiche sono il risultato di un insieme di movimenti energetici interiori.
Tutto quello che accade, succede all’interno di un campo energetico,
anzi,
di più campi energetici
ma principalmente nel campo energetico del nostro essere
(corpo fisico in corpi energetici di vari livelli, frequenze, densità e
intensità).
Quindi, contemporaneamente ci sono molte energie,
quelle del corpo,
quelle delle sensazioni del bambino interiore
che si ripropongono anche nel corpo e…
le energie della mente,
cioè dell’adulto che siamo oggi,
il personaggio che crediamo di essere oggi.
In realtà
ci sono anche molte altre energie in gioco,
ma se non riusciamo a comprendere,
sentire
e soprattutto distinguere
in un certo modo
nemmeno queste,
è inutile parlare degli altri livelli,
sarebbero solo altra zavorra mentale da gestire in un contesto dove,
se ci siamo capiti,
la mente deve interferire il meno possibile.
Tuttavia, potrà confortare il sapere che,
come si dice,
Dio non ci darà mai un carico superiore a quello che possiamo sopportare,
quindi,
almeno all’inizio di questa AutoOsservazione,
non ci sarà nemmeno bisogno di andare a indagare altri livelli energetici.
Del resto,
se ci affidiamo a Lui,
all’inconscio,
Lui ci presenterà solo “cose” che,
al livello di consapevolezza in cui ci troviamo realmente ora,
possiamo comprendere, vedere,
elaborare e guarire.
Gradualmente poi,
man mano che impariamo a vedere e vederci
“in un certo modo”,
Lui alzerà l’asticella delle
“difficoltà”,
ma lo farà sempre in base a quello che possiamo realmente “gestire”
dal livello di consapevolezza che avremo veramente raggiunto.
ANCORA SULL’ALCHIMIA ENERGETICO-EMOTIVA
Ma ritorniamo alla questione dell’alchimia energetico-emotiva.
Ogni energia ha una frequenza diversa;
noi adulti riusciamo a essere vicini alle frequenze cerebrali dei bambini
solo quando dormiamo o quando siamo in dormiveglia,
già appena ci svegliamo saliamo di frequenze
e ci allontaniamo un po’
da quelle della nostra infanzia.
Dopo esserci svegliati totalmente
siamo letteralmente su un altro pianeta.
La comprensione
può essere portata nell’inconscio
da un livello energetico dove la mente,
in silenzio,
è soltanto presente.
La mente NON deve elaborare,
perché l’elaborazione mentale porta a un innalzamento della frequenza delle onde cerebrali
e questo non è più compatibile con quella del ricordo d’infanzia che,
lo ripeto ancora una volta,
è stato memorizzato con tutte le caratteristiche di quel momento in cui eravamo ancora bambini,
quindi anche con le frequenze cerebrali di quel momento.
Se la mente riesce a stare in silenzio,
sicuramente presente,
osservatrice ma assolutamente in silenzio,
senza dare connotazioni,
senza elaborare né “giudicare” nulla di quel che eventualmente vedrà,
senza proprio pensare
ma solo osservare quel che sentirà nel corpo e nei movimenti energetici interiori,
avverrà una “fusione energetica” spontanea.
Proprio a livello energetico,
la “sapienza” e l’esperienza della mente
potrà portare nell’inconscio quel tassello mancante,
offrendo una comprensione e di conseguenza una guarigione.
Sarà proprio una fusione energetica tra
la memoria d’infanzia
e l’esperienza acquisita e metabolizzata finora,
dall’adulto che siamo oggi,
una esperienza acquisita proprio attraverso tutte quelle volte
che si è ripetuta questa esperienza che stiamo attraversando adesso.
sarà un “trasferimento dati”
che avverrà a un livello che non è della mente
ma del bambino che eravamo nel momento in cui è avvenuto il fatto
che oggi andiamo a vedere e completare
con questa alchimia energetico/emotiva.
Ci accorgeremo di avere portato una comprensione guaritrice nel nostro essere interiore da tante cose,
però solo dopo che la “fusione” tra
consapevolezza
(mente saggiamente presente, silenziosa e NON giudicante)
e inconscio (memoria d’infanzia)
sarà avvenuta e completata nel giusto modo.
Dopo sarà inevitabile accorgerci di qualcosa di diverso nelle sfumature del mondo intorno a noi,
nel nostro modo di percepirlo.
È possibile che vedremo qualcosa che è sempre stato lì
da qualche parte intorno a noi
ma che non avevamo mai notato prima,
questo perché inevitabilmente si amplierà anche il nostro “campo visivo”.
Ma soprattutto,
qualcosa nel nostro corpo e nella nostra vita guarirà.
COMPRENDI?
Comprendi ora perché le tue sofferenze te le sei sempre cercate?
Comprendi CHI in te le ha cercate?
Comprendi che ruolo ha avuto colui che si è inconsapevolmente offerto nel proporti cose che ti facevano soffrire
e “recitando” per te la parte del cattivo?
Comprendi che anche tu,
inconsapevolmente,
hai quotidianamente “offerto” sofferenze agli altri
con gli stessi meccanismi interiori di cui tutti siamo “dipendenti”,
senza volerlo e senza accorgertene?
Comprendi ora perché tutto è perfetto,
pur nella sua apparente assurdità,
perfino nella cattiveria?
Comprendi ora perché l’umanità non riesce a uscire dalla sofferenza?
Comprendi ora la trappola nella quale siamo tutti immersi inconsapevolmente?
Riesci ora, ad avere pietà e compassione di tutti quelli che si sono offerti inconsapevolmente di mostrarti le tue sofferenze?
Riesci ad avere pietà e compassione per te stesso per quante volte TU hai provocato inconsapevolmente sofferenza agli altri?
Se non hai pietà di loro,
se non entri in uno stato di vera e autentica compassione consapevole verso tutto e tutti,
e soprattutto verso te stesso per tutta la sofferenza che hai avuto e per quella che hai inconsapevolmente dato,
sarà molto difficile che tu possa continuare questo viaggio in te stesso
con risultati soddisfacenti
e sarà impossibile guarire la tua vita,
le tue relazioni,
il tuo corpo,
nonostante medicine mirabolanti o tecniche avveniristiche.
Salvo in quei rari casi di blackout spontanei in cui la mente va in tilt,
quando,
in quei drastici e spesso drammatici momenti di silenzio,
arriva spontaneamente una comprensione profonda,
così profonda che il soggetto non sa spiegare nulla
ma sente (e dimostra) chiaramente
che da quel momento è una persona nuova.
Vuoi ancora continuare ad affidare la tua possibilità di guarigione a quegli eventi rari, miracolosi ed estremi?
o vuoi finalmente iniziare ad aprire la strada
a chi in te sta chiedendo da sempre
di realizzare il miracolo chiamato Vita,
in modo pieno, vero e consapevole?
Ogni cosa che vivi è spinta da qualcosa in te che ti chiede di essere vista:
solo se la guardi con la giusta consapevolezza,
compassione e maturità,
guarirà.
Se resterai nel bisogno di giudicare,
nel bisogno di giustizia,
di affermazione,
di riconoscimento,
di capire i fatti materiali e il loro perché mentale,
dovrai continuare a restare
(spesso inutilmente)
nella tua sofferenza di sempre
e ricadere inconsapevolmente sempre nelle stesse condizioni
alle quali
altrettanto inconsapevolmente
ti sei legato…
con tutte le loro conseguenze,
a volte anche drammatiche e irreversibili.
Quanto letto fin qui, potrebbe bastare a “liberare” la tua capacità di AutoGuarigione della vita e della salute,
ci saranno note aggiuntive che possono “spiegare” più in dettaglio i vari meccanismi inconsci,
ma io ti consiglio vivamente di ritardare il più possibile la loro lettura.
Il mio auspicio è addirittura che tu riesca,
da questa consapevolezza di cui hai letto fin qui,
a mettere in moto
più a livello intuitivo che “mentale” i tuoi
meccanismi interiori.
Quanto scritto fin qui dovrebbe
(come detto all’inizio)
soddisfare la mente razionale che,
diversamente,
avrebbe difficoltà ad accettare la possibilità di una capacità “autoguaritrice”
che parta dal suo
“silenzio in presenza”.
Prova,
prova a farti bastare questo scritto,
prova a leggerlo e rileggerlo più volte,
anche una volta al giorno per almeno 28 giorni,
poi, nell’allegato con la spiegazione delle influenze astrali
capirai anche il perché (a volte)
servono 28 giorni per portare in profondità un messaggio.
Ma per ora fidati e affidati.
Tutto quello che hai letto fin qui è gratuito,
se vorrai tradurlo e divulgarlo anche in altre lingue
sei libero di farlo,
è il mio personale regalo a tutti.
Ricordati dell’autore,
Giuseppe Lembo,
anche se, come ogni testo che sia stato scritto finora in tutto il mondo e da quando è nata la scrittura, non può essere di proprietà di chi l’ha scritto, l’autore è stato solo un “canale” o una “grondaia” come diceva Gustavo Rol.
Ma sicuramente per suo merito, volontà, lavoro e impegno è arrivato a tutti.
Il resto, gli allegati con ulteriori spiegazioni e approfondimenti per argomenti potrebbero essere a pagamento, ma spero vivamente che tu non ne avrai bisogno, che ci arrivi da solo così come “ho fatto io”… o, sarebbe meglio dire, abbiamo fatto noi, io e il mio bambino interiore che, attraverso molte strade e molti studi diversi e una certa AutoOsservazione alla quale mi ha “costretto” fin dai miei 16 anni, mi ha guidato fin qui.
Oggi riesco ad ascoltarlo abbastanza bene, spesso mi offre anche regressioni spontanee immediate per mostrarmi l’origine di una sensazione, anche se, nonostante tutto, spesso ci litigo ancora…
anch’io ho ancora bisogno di crescere…
nonostante i miei già suonati cinquantun anni.
Buona vita e buona AutoOsservazione&Guarigione.
Con il cuore, da Giuseppe Lembo.
Tra San Paolo di Civitate(FG) e Roma, tra il 2018 e il 2019.
(revisione del testo tra aprile e luglio 2019)
Ringraziamenti:
Ringrazio tutte le persone che ho incontrato in questa vita,
davvero tutti, anche chi mi ha tradito, chi mi ha ferito, chi mi ha fatto male ma soprattutto chi mi ha voluto bene, chi mi ha mostrato l’amore in tutte le sue forme più belle e pulite.
Ringrazio in particolare la mia famiglia, tutta, dai fratelli ai genitori, ai cugini, le zie, gli zii e tutti coloro che hanno contribuito a “creare” loro malgrado la persona che sono oggi e che fanno parte del mio albero genealogico.
Ringrazio la mia preziosa compagna Pina Di Loreto per la sua presenza durante la scrittura di questo testo, per le sue tante correzioni, la grande scrematura e per tutta la pazienza che ha avuto e che ha ancora con me.
Ringrazio tutti i maestri che mi hanno guidato fin qui, sia coloro che lo fanno per mestiere che quelli che insegnano con l’esempio di vita, senza salire in cattedra, tutte persone straordinarie che a vario titolo mi hanno “illuminato” e fatto capire i meccanismi sottili della vita.
Ringrazio i miei Maestri “invisibili”, sperando di aver dato voce anche a Loro con questo testo e con tutto quello che ho fatto fin qui.
Grazie a tutti, dal profondo del mio cuore.
Grazie.
P.S. anch’io continuo a imparare ogni volta che rileggo questo “mio” testo, non c’è una rilettura che non mi fa vedere qualcosa di nuovo.
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